4.a.3 – Chi è che deve risolvere i problemi?

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18 Luglio 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

Chi è che deve risolvere i problemi?

Consideriamo un problema di ordinaria quotidianità: il nostro appartamento è rimasto senza corrente elettrica; senza essere elettricisti andremo a controllare il quadro generale e, trovando l’interruttore disinserito, proveremo a riportarlo nella normale posizione; se l’operazione non riesce, significa che persiste una causa che provoca la messa in sicurezza dell’impianto, ma quale? Dopo un consulto fra familiari, o magari con qualche amico più esperto, si deciderà di staccare tutti gli elettrodomestici e di riattaccarli ad uno ad uno provando ogni volta a riattivare l’interruttore generale; quando l’interruttore salterà di nuovo avremo individuato la causa del problema. Che cosa sarebbe successo senza conoscere quelle informazioni di base sugli impianti elettrici necessarie per individuare la causa del problema? Avremmo dovuto ricorrere all’intervento di un elettricista, saremmo rimasti senza corrente elettrica per un po’ di tempo in più e avremmo speso del denaro per l’intervento tecnico, ma avremmo comunque risolto il problema.
Tutto ciò ci dimostra come la prima risorsa necessaria per risolvere un problema sia la volontà di risolverlo, ma tale volontà a sua volta dipende dalla consapevolezza di essere il soggetto deputato alla soluzione. Se il problema è domestico non esiteremo ad attivarci per trovare una soluzione, se manca la luce nell’androne del palazzo è già tanto se telefoneremo all’amministratore del condominio, se si è verificato un black out a tutto il quartiere attenderemo con pazienza l’evolversi degli eventi. Si noti come in tutti i casi subiamo lo stesso disagio, ma nel terzo caso non ci attiveremo affatto per risolvere il nostro problema, convinti di non poter fare nulla di concretamente utile. In una società complessa è normale una specializzazione delle competenze sempre maggiore, è logico aspettarsi che il proprio problema venga risolto da chi è preposto a farlo, ma a questo punto sorge un ulteriore problema: la verifica dell’operato dei soggetti preposti alla soluzione dei nostri problemi (e da noi pagati per farlo).
Torniamo all’esempio del problema domestico: se abbiamo chiamato un elettricista (che siamo tenuti a pagare), sarà nostra cura seguirlo durante l’intervento tecnico e se questo si protrarrà oltre quanto preventivato, pretenderemo delle spiegazioni plausibili; si tratta di comportamenti che vengono tenuti naturalmente, consapevoli di essere gli unici preposti a farlo. Nel caso del black out di quartiere è altrettanto normale non attivarsi per risolvere direttamente il problema, ma probabilmente non ci preoccuperemo neanche di verificare l’operato della compagnia erogatrice (da noi pagata come l’elettricista) perché ci sono delle competenti autorità che devono farlo (sempre pagate da noi), ma chi controlla i controllori? La soluzione del problema interessa a noi, per questo siamo noi a pagare, appare dunque logico che alla fine della catena dei controlli debba esserci chi è direttamente interessato; in caso contrario perderemmo la capacità di intervenire sui nostri problemi e quindi verrebbe meno la libertà di amministrare la nostra vita.
Questa è la situazione nella quale si trova spesso il cittadino moderno, il quale, davanti ad una complessa organizzazione di enti privati e pubblici preposti all’intervento diretto ed ai relativi controlli, finisce per essere completamente escluso. L’esperienza insegna che se il cittadino viene escluso come controllore finale, tutta la catena di controlli diviene ben presto inutile, poiché disservizi e corruzione dilagano indisturbati. Ecco allora che il cittadino sovrano torna ad essere un suddito costretto passivamente a subire ed in tal caso il problema diventa una disgrazia; ne segue che una questione che dobbiamo assolutamente risolvere in prima persona è quella di creare una nuova organizzazione sociale che ci liberi dall’attuale ruolo di sudditanza; in caso contrario dovremo riconoscere di essere i primi artefici delle nostre disgrazie.

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5 Commenti per “4.a.3 – Chi è che deve risolvere i problemi?”

  1. Morgana l'Eretica ha detto:

    Effettivamente dobbiamo riconoscere che reagendo alla sensazione di impotenza che ci porta alla passività possiamo almeno tentare di combattere per riaffermare questa ormai pseudo “sovranità” del popolo

    • Lucrezia dal Drago Alato ha detto:

      Sono d’accordo che dobbiamo squoterci e scrollarci di dosso questa diffusa negatività e rassegnazione, ma la sovranità del popolo la dobbiamo conquistare perché non è mai esistita. Se non partiamo da questo presupposto non possiamo agire nella direzione giusta e cercheremo aggiustamenti all’attuale sistema (che non produrranno come non hanno mai prodotto risultati rilevanti) piuttosto che progettare la vera democrazia.

      • Alafrida dal Lago ha detto:

        Per conquistare la nostra sovranità dobbiamo innanzitutto acquisire consapevolezza di cosa significhi e di come vada esercitata. Per fare questo bisogna parlarne, confrontarsi, discuterne, ecco perché apprezzo questa tavola rotonda che stuzzica su temi normalmente trascurati.

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