Parlando della disinformazione come causa dell’ignoranza è bene ricordarsi che conosciamo due forme di disinformazione: quella naturale e quella pilotata; la mente umana può concepire delle notizie errate semplicemente perché ha interpretato male i fatti, e questo può accadere per i motivi più vari, tuttavia un caso di particolare interesse si ha quando ciò avviene per difendere il proprio sistema di credenze. In precedenza abbiamo definito questo fenomeno come una forma di oscurantismo individuale finalizzato a un risparmio di energia mentale; rivedere l’insieme delle proprie convinzioni è infatti molto rischioso e impegnativo. Si tratta ancora una volta di una tendenza naturale dell’essere umano che in passato è stata sicuramente utile alla specie, ma che oggi porta problemi crescenti all’individuo, trascinandolo verso una gretta ignoranza.
Tale fenomeno è così radicato nella nostra natura da non risparmiare nemmeno gli scienziati, tanto che le nuove teorie dei giovani studiosi talvolta si affermano non perché i vecchi professori si sottomettono all’evidenza dei fatti, ma perché prima o poi muoiono, lasciando il loro posto alla generazione successiva la quale, non essendo morbosamente attaccata ai vecchi schemi, aveva generato quelle stesse teorie e le accetta senza problemi. Questo vuol dire che il metodo scientifico funziona, ma con una generazione di ritardo e sempre che non intervengano altri fattori come interessi economici o ideologici che perdurino per più di una generazione.
La ricerca scientifica, il nostro strumento più potente per realizzare il progresso, è un sistema delicato che si può inceppare facilmente a causa delle umane debolezze degli scienziati; devono dunque essere sviluppate delle misure di protezione che lo proteggano dall’influenza di interessi diversi dalla conoscenza, come la difesa di ideologie o la protezione di sistemi di potere baronali o politici all’interno delle università.
A questo punto il passaggio alla disinformazione pilotata è immediato, poiché quando entrano in gioco forti interessi, la disinformazione diventa ben presto intenzionale e questo ci riporta al problema di un cattivo e non democratico sistema politico, un sistema che non è in grado di tutelarci dalla corruzione quando addirittura non la sostenga apertamente. Possiamo anche notare un interessante parallelismo fra informazione e cultura: sappiamo che le nostre scelte dipendono dalle informazioni in nostro possesso, ma anche dalla cultura che ci permette di interpretarle, quindi anche le istituzioni preposte alla nostra cultura, ovvero le scuole e le università, sono in grado di condizionare le nostre scelte minando alla base la nostra libertà. Si presenta allora la necessità di un controllo effettivamente democratico anche delle istituzioni deputate alla gestione culturale, ovvero all’educazione, all’istruzione scolastica, alla produzione di nuova cultura.
Possiamo infine notare che esiste anche il legame inverso fra i problemi già esaminati: alla base della mancanza di democrazia e della disinformazione vi è certamente una carenza di educazione alla vera democrazia e alla corretta informazione; lo stesso si può dire dell’emergenza evolutiva, il cui persistere si può imputare ad una mancanza di educazione ai valori, alla storia, al miglioramento continuo e quindi al progresso. Dato che risulta piuttosto facile presentare gli stessi problemi ora come causa dell’ignoranza, ora come conseguenze della stessa, si può dedurre che questi non possano essere affrontati separatamente, ma solo con una strategia comune.
Le riflessioni precedenti suggeriscono che la moderna ignoranza si fonda su un problema generale di gestione culturale, a partire dallo stabilire quali siano gli argomenti importanti che debbano far parte della cultura di base del cittadino moderno, quali siano le fonti di informazione e consultazione, come valutare se le conoscenze disponibili sono adeguate e come gestire la ricerca di nuova conoscenza. Possiamo dunque porci come obiettivi quello di sviluppare un’educazione alla gestione della cultura per il singolo individuo e quello di costruire un’organizzazione democratica in grado di farlo su larga scala per la collettività.
PALCO D’ONORE
OVIDE DECROLY
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“Possiamo dunque porci come obiettivi quello di sviluppare un’educazione alla gestione della cultura per il singolo individuo e quello di costruire un’organizzazione democratica in grado di farlo su larga scala per la collettività”…. veramente possiamo?
In effetti l’impresa mi sembra titanica, ma sono fiducioso nella traccia che sicuramente verrà data nei prossimi post. Un pò di ottimismo non guasta.