4.c.6 – Qual è l’origine della nostra disorganizzazione sociale?

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30 Agosto 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

Qual è l’origine della nostra disorganizzazione sociale?

Nel mondo industrializzato, specialmente nelle grandi città, la società è formata da un insieme di nuclei familiari fra loro isolati e disorganizzati; con il termine nuclei isolati intendiamo che fra loro non vi sono legami né gerarchici, né affettivi, né di collaborazione e in genere nemmeno di conoscenza diretta. In tale situazione, nel caso sia necessario intraprendere una qualunque attività in comune, sembra ovvio che manchi l’organizzazione necessaria, tuttavia in precedenza avevamo notato che nelle città anche il vicino di casa viene trattato come un estraneo, come se appartenesse ad un altro villaggio, proprio perché non svolgiamo con esso alcuna attività e quindi i nostri rapporti si limitano a un saluto formale quando ci capita di incontrarlo per strada. Ne segue che non è solo l’isolamento sociale a portare alla disorganizzazione, ma avviene anche l’inverso, con la mancanza di collaborazione e quindi di organizzazione che porta all’isolamento.
Lo studio della storia ci ha rivelato che questa non è una situazione normale per l’essere umano, il quale è sempre vissuto in piccoli villaggi autosufficienti, molto bene organizzati e con una rigida gerarchia interna; così è stato per il 97% dell’esistenza dell’umanità, le cose hanno cominciato a cambiare solo con l’avvento dell’agricoltura e delle grandi città, in particolare un contributo fondamentale è stato dato dalla diffusione dello schiavismo, che ha portato alla formazione di intere popolazioni prive della vecchia struttura sociale di tipo tribale o familiare basata sul casato.
Le conseguenze negative di questo stato di cose sono notevoli: il mantenimento della disorganizzazione sociale tipica degli schiavi e dei servi della gleba ha permesso di tramandare anche una buona parte della loro educazione alla sottomissione; sappiamo da sempre che abbiamo bisogno di essere governati dall’alto e ci sembra assolutamente normale. Essendo privi di una comunità organizzata dobbiamo rivolgerci ad un ente superiore che ricopra il suo ruolo, altrimenti sarebbe il caos, dovremmo ricostruire una struttura sociale partendo da zero e nel frattempo saremmo incapaci di svolgere ogni attività collettiva.
A noi tutti qualche volta è capitato di lamentarci perché la gente non ha spirito di iniziativa, perché in caso di bisogno appare incapace di affrontare i propri problemi in modo collettivo o perché non si organizza per il bene comune. Come è possibile tutto ciò, se siamo animali sociali programmati dalla natura per formare società anche molto grandi e dotate di un’organizzazione anche molto complessa? Osservando la natura degli animali sociali possiamo notare che essi non formano delle comunità, ma nascono e vivono in comunità già formate, ecco perché è così difficile per noi organizzarci, i nostri istinti ci inducono a partecipare ad un’organizzazione già esistente e non a formarne una nuova. Considerando che in un villaggio vengono svolte numerose e diverse attività da parte di un numero limitato di persone, può accadere che, secondo le esigenze del momento, sia necessario organizzare dal nulla dei piccoli gruppi di lavoro, ad esempio per riparare il tetto di una capanna o per costruire un nuovo recinto; tali gruppi poi si scioglieranno finito il lavoro. Possiamo tutti constatare che non è infatti difficile accordarsi con quattro o cinque persone per svolgere un’attività, che sia una partita a calcetto oppure aprire un bar, purché richieda poche persone; organizzare invece anche solo una cena con 10 o 20 persone diventa difficoltoso.

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2 Commenti per “4.c.6 – Qual è l’origine della nostra disorganizzazione sociale?”

  1. Gismondo il Malagrotta ha detto:

    Concordo con il fatto che ci siamo rovinati passando dai piccoli villaggi alle grandi megalopoli, ma come tornare indietro?

    • Petronilla la Sottile ha detto:

      Forse il problema sta proprio nel non tornare indietro (anche perché indietro non è sinonimo di migliore), ma nell’andare avanti con la giusta consapevolezza delle proprie risorse e delle proprie potenzialità.

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