3.b.5 – Cosa si oppone alla libertà di pensiero?

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18 Giugno 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

gabbiaCosa si oppone alla libertà di pensiero?

La storia ci insegna che le principali forme di oppressione e asservimento hanno avuto origine da regimi politici autoritari (dagli imperi dell’antichità alle recentissime dittature naziste e comuniste) o da tradizioni culturali dispotiche come il maschilismo e il razzismo; l’esperienza ci dimostra che l’evoluzione culturale può prendere una direzione illiberale e tirannica e ciò è indubbiamente una delle strategie di sopravvivenza delle complesse società umane con il fine di proteggere la propria stabilità.
Razzismo e maschilismo, fascismo e comunismo, imperialismo e assolutismo sono tutti prodotti dell’evoluzione culturale; di nuovo dunque si presenta l’esigenza di poterla controllare e dirigere affinché tale evoluzione non risulti contraria ai nostri interessi, ma oggi come in passato essa è invece quasi del tutto abbandonata a sé stessa.
Dirigere l’evoluzione vuol dire usarla per un progresso stabile dell’essere umano, per risolvere i problemi che ci affliggono senza produrne altri; l’adattamento è il motore dell’evoluzione e, come abbiamo già visto, esso è reso possibile dalla varietà dei tratti individuali: tanto maggiore è questa ricchezza di alternative, tanto maggiore è la probabilità che ve ne sia almeno una vantaggiosa nella nuova situazione. Nel caso di adattamento culturale la nostra ricchezza è data dall’abbondanza di idee alternative, nonché dalla libertà di utilizzarle e sperimentarle; in questo contesto l’uniformità è pertanto un grave difetto.
Non possiamo però nasconderci il fatto che anche la tendenza all’uniformità fa parte della natura umana e quindi, se essa è stata privilegiata dalla selezione naturale, deve avere anche una funzione positiva. Nella storia delle società umane troviamo sempre due atteggiamenti opposti: da una parte la conservazione delle antiche tradizioni culturali e l’uniformarsi ad esse; dall’altra la ricerca di innovazione e cambiamento. Da un punto di vista biologico entrambi gli atteggiamenti presentano dei vantaggi: la protezione del patrimonio culturale è un atteggiamento analogo alla protezione del patrimonio genetico dalle malattie genetiche, la quale è necessaria per preservare dalle mutazioni, che spesso sono dannose, i risultati tanto faticosamente raggiunti dalla selezione naturale; le mutazioni però non possono essere eliminate del tutto poiché senza di esse non sono possibili ulteriori adattamenti e la specie prima o poi sarebbe condannata all’estinzione; la ricerca di innovazione risponde appunto a questa seconda esigenza. Siamo di fronte a due necessità diametralmente opposte e, dato che per soddisfare l’una bisogna togliere qualcosa all’altra, si forma nella nostra società una sorta di braccio di ferro fra tradizione e innovazione in cui nessuna delle due prevale mai completamente sull’altra; in questo modo si raggiunge un punto di equilibrio molto instabile che può essere vicino a una delle due posizioni estreme possibili: perfetta fedeltà alla tradizione e rifiuto di ogni tradizione; esattamente come nel caso genetico nessuna delle due è compatibile con la sopravvivenza della società.
La comunità umana è stata rappresentata dal modello tribale per molte decine di migliaia di anni, un ambiente culturalmente molto più stabile di quello attuale in cui era necessaria una minore capacità di adattamento. In questa situazione per il gruppo era vantaggioso che il punto di equilibrio fra tradizione e innovazione fosse piuttosto vicino alla totale fedeltà alla tradizione, sebbene fosse cosa poco rispettosa verso la libertà individuale. Questo spiega la naturale inclinazione a rendere sacre e indiscutibili le proprie tradizioni culturali, nonché il fatto che l’antica cultura basata sul clan familiare fosse molto dura, severa e limitativa della libertà personale: non solo vi erano molte restrizioni, ma anche molti obblighi disciplinati con complessi rituali.
Sappiamo inoltre che la nostra mente rifiuta di rivedere i propri schemi se non vi è costretta da gravi necessità in base al principio che abbiamo chiamato economia mentale; questa forma di naturale oscurantismo, se applicata a schemi ereditati culturalmente, si presta a servire la causa del tradizionalismo ed è plausibile che tale vantaggio abbia rafforzato la sua selezione anche dal punto di vista genetico durante l’evoluzione della nostra specie che, è bene ricordarlo, si è sviluppata per decine di migliaia di anni in un ambiente tribale.
Possiamo concludere che la natura e la cultura umana hanno sviluppato delle naturali difese contro il cambiamento che sono:
• l’attaccamento alle tradizioni nell’età adulta che può arrivare ad essere una vera paura nei confronti delle novità;
• l’oscurantismo, ovvero il rifiuto di verità evidenti pur di conservare i vecchi schemi mentali;
• il dogmatismo, cioè rendere indiscutibili alcune credenze ritenute particolarmente importanti;
• l’intolleranza, che è l’ostilità verso chi non rispetta la regola dell’uniformità verso le tradizioni del gruppo;
• la produzione di severe leggi a sostegno della naturale intolleranza della società.
Il mondo tribale è però ormai tramontato e ciò che prima era oppressivo ed ingiusto per l’individuo, ma vantaggioso per la comunità, ora porta solo problemi a tutti i livelli; dato che i rapidi cambiamenti del mondo attuale impongono oggi una maggiore adattabilità, il punto di equilibrio fra tradizione ed innovazione si deve necessariamente e sensibilmente spostare verso l’innovazione. Tale spostamento è già in atto, nella nostra cultura sono infatti comparsi nuovi valori come la tolleranza, il pluralismo (inteso come rispetto e valorizzazione di una pluralità di idee), nonché la libertà di pensiero e di opinione, che non solo permettono al cittadino una maggiore libertà di azione, ma favoriscono una maggiore varietà e diffusione di nuove idee, premessa fondamentale per l’innovazione.
Ribadiamo infine che il processo di innovazione, se abbandonato a se stesso, porta all’evoluzione culturale e non al progresso; l’evoluzione può però essere sia positiva che negativa. Innovazione e progresso sono cose diverse: le nuove tecnologie nel campo delle comunicazioni permettono ad esempio un maggiore scambio e condivisione di informazioni con un effetto moltiplicativo delle conoscenze, ma un bombardamento indiscriminato di informazioni inutili, commerciali, eccessive, inesatte, parziali, alterate, ecc., ingenera tensioni e malesseri sociali.
La stessa innovazione quindi può essere buona o cattiva a seconda che venga inserita bene o male nella società; spetta a noi fare le scelte giuste per costruire in modo consapevole il nostro futuro ricordando che l’innovazione è una premessa necessaria, ma non sufficiente al progresso.

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9 Commenti per “3.b.5 – Cosa si oppone alla libertà di pensiero?”

  1. Gilberto il Valligiano ha detto:

    Tutte queste osservazioni, che sono molto originali e che condivido, sono destinate a rimanere un ottimo esercizio astratto, senza un sistema sociale organizzato che permetta di valorizzare le novità di cui abbiamo tanto bisogno.

    • Petronilla la Sottile ha detto:

      D’accordo, ma per ideare e mettere a punto un nuovo sistema sociale da qualche parte bisogna pur partire e cominciare a fare chiarezza sui concetti fondamentali mi sembra un buon inizio.

      • Morgana l'Eretica ha detto:

        Giusto Petronilla, intanto cominciamo a puntualizzare che il “progresso” dovrebbe portare al benessere di tutti i popoli e sarebbe anche interessante mettere a fuoco quali sono le mete prefissate.

  2. Morias Enkomion ha detto:

    Direi che l’obiettivo di ognuno di noi e’ la libera realizzazione personale. A livello sociale l’obiettivo dovrebbe quindi essere permettere la libera realizzazione personale degli individui. Per fare cio’ dobbiamo eliminare il denaro e la necessita’ del lavoro. La tecnologia ce lo permette, la casta e l’attaccamento alle tradizioni, l’oscurantismo, il dogmatismo, l’intolleranza, le leggi esistenti no.

    • Ildebrando il Villico ha detto:

      Ottimo! Raggiungere la realizzazione personale è certo un modo per aumentare la qualità della vita che è l’obiettivo fondamentale del villaggio di ofelon. Cerchiamo di andare più nel dettaglio allora, cosa si intende per realizzazione personale? Soddisfare alcune necessità psicologiche? E quali sono?

  3. Morias Enkomion ha detto:

    Abbiamo 24 ore a disposizione. 8 ore per il sonno, ne rimangono 16. Ecco, in queste 16 ore vorrei svolgere delle attivita’ che mi appaghino, a livello fisico e psicologico: svolgere una o piu’ attivita’ che mi diano piacere e soddisfazione, possibilmente non solo a me; mangiare e bere bene senza bisogno di leggere etichette di ogni genere; fare una passeggiata con la ragazza senza rischiare di essere rapinato o investito; andare in discoteca senza vedere giri di pastiglie; incontrare gli amici e discutere di come il mondo stia cambiando in meglio (esagero?); fare sport, magari anche in modo agonistico, senza avere la necessita’ di prendere doping; viaggiare senza bisogno di passare piu’ tempo all’aeroporto per inutili controlli che nel luogo dove vorrei passare un weekend; vorrei sapere cosa succede nel mondo senza bisogno di andarmi a cercare le notizie al fine di evitare il riflusso di bile che mi provoca ascoltare i TG…
    Credo sia una vita ‘normale’, che in certi momenti riesco a condurre, ma… non capisco perche’ io debba essere uno dei pochi fortunati.

  4. Ildebrando il Villico ha detto:

    Molto bene Morias! Per quanto riguarda fare attività soddisfacenti e utili al prossimo, parlare con gli amici di come il mondo stia cambiando in meglio, ed avere un sistema di informazione quantomeno decente sono obiettivi raggiungibili nel giro di qualche settimana, sia da parte nostra che da parte di chiunque ci voglia copiare. Possiamo dunque sperare nella diffusione di un virus culturale positivo! Per praticare lo sport agonistico senza doping e mangiare in sicurezza senza dover controllare tutte le etichette e simili ci vuole molto più tempo perché è necessaria la collaborazione di molte persone. Direi che si tratta di obiettivi raggiungibili nel giro di qualche anno, il tempo di radunare e organizzare un numero sufficiente di persone. Per i restanti due obiettivi relativi alla sicurezza temo che ci vorrà ancora più tempo ma passerà in fretta se lo impiegheremo a raggiungere gli altri obiettivi a breve termine. Possiamo partire anche da domani stesso. Ci stai?

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