3.c.3 – Cosa è importante sapere?

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2 Luglio 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

Cosa è importante sapere?

Riuscire a stabilire quale conoscenza abbia più valore delle altre è particolarmente difficile; la curiosità umana si basa infatti sul seguente principio: siamo curiosi un po’ di tutto poiché tutto potrebbe poi rivelarsi utile, anche se non sappiamo quando; è un principio sicuramente valido, tuttavia a volte è necessario fare una selezione. Tutti sappiamo bene infatti che davanti a una grande varietà di alternative si può rimanere bloccati dall’imbarazzo della scelta, come ad esempio accade spesso facendo delle ricerche su internet; davanti all’attuale ricchezza di cultura disponibile sorge dunque la necessità di trovare dei criteri di scelta che ci indichino che cosa sia meglio imparare, cosa sia più urgente o più importante e quali siano le fonti più affidabili. Data l’importanza e la delicatezza di tali criteri è bene che ciascuno segua le sue considerazioni personali mettendole però anche a disposizione degli altri proprio come si dovrebbe fare per tutti i valori. Ancora una volta è importante confrontarsi con gli altri per ponderare meglio le proprie riflessioni che poi potranno tornare utili all’intera comunità, ma come sempre dipende da noi fare il primo passo.
Dal nostro personale punto di vista, la funzione biologica della conoscenza ai fini della sopravvivenza ci può essere di aiuto per definire i nostri criteri: la cultura e il sapere aiutano a vivere, dunque appaiono tanto più importanti quanto più risultano utili. Il problema allora si sposta su come valutare l’utilità di ciò che sappiamo; a tal fine ciascuno di noi già utilizza, anche contemporaneamente, vari metodi: una nozione risulta più utile di un’altra se:
1. viene usata in un’attività più importante
2. le sue applicazioni sono più numerose
3. viene utilizzata da un maggior numero di persone
4. viene usata più spesso.
Nel selezionare le nozioni necessarie, in base a tali criteri vengono valorizzati al massimo gli elementi culturali che riguardano la collaborazione fra individui (ad esempio il linguaggio) e i valori ad essa legati come l’amicizia, il rispetto, la solidarietà e il lavoro; possiamo infatti osservare che tale cultura della collaborazione è ampiamente utilizzata in ogni attività umana, comprese quelle più fondamentali per la sopravvivenza: grazie alla collaborazione noi ci procuriamo il cibo, ci riscaldiamo, ci vestiamo, ci proteggiamo da vari pericoli come malattie, intemperie e nemici, ecc.. La cultura della collaborazione risulta allora ai primi posti in base ad ogni criterio in quanto:
1. è usata nelle attività più importanti per la sopravvivenza
2. le sue applicazioni sono innumerevoli
3. viene utilizzata da tutti
4. viene utilizzata in continuazione ogni giorno.
Allo stesso modo viene valorizzata quella che normalmente viene chiamata cultura di base ovvero quell’insieme di conoscenze su cui si basano tutte le altre dette specialistiche; la cultura di base è infatti patrimonio comune, viene usata da tutti in ogni attività e dobbiamo quindi riconoscere che giustamente si cerca di far coincidere con essa gli insegnamenti scolastici.
In diversa misura viene riconosciuta grande importanza anche al sapere specialistico in quanto usato in attività spesso importanti per la collettività, ma dal punto di vista individuale esso permette di lavorare e quindi diviene fondamentale per la sopravvivenza: conoscere le leggi è utile a tutti, ma per un avvocato è indispensabile.
A questo punto è necessario osservare che non sempre i nostri interessi culturali sono guidati dall’importanza delle applicazioni, anzi questa sembra essere l’eccezione e non la regola. L’interesse viene stimolato da meccanismi inconsci, non razionali; ciascuno di noi avverte una sorta di attrazione, in genere detta passione, per una data disciplina, un dato argomento, ecc. Gli interessi culturali non sono dunque una scelta consapevole, ma il risultato di una programmazione inconscia, forse innata o risalente all’infanzia; i criteri di valutazione sopra esaminati allora vanno considerati come un’integrazione alla propria inclinazione naturale. Se tale inclinazione dipende da esperienze infantili, è opportuno pensare ad una educazione mirata a un sano sviluppo di queste tendenze, che non le inibisca, che le incoraggi e le indirizzi sui giusti binari, che dia l’opportunità di sperimentare nuove possibilità e che le protegga da proibizioni, ostacoli o sviluppi già sperimentati come negativi.

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4 Commenti per “3.c.3 – Cosa è importante sapere?”

  1. Petronilla la Sottile ha detto:

    Capire la differenza fra cultura di base e cultura specialistica è importante, ma è ancora più importante capire che la cultura di base va aggiornata rispetto al mondo che cambia e la velocità di aggionamento necessaria non è esattamente quella dell’elefante scolastico.

    • Nazarina da Fiastrone ha detto:

      L’elefante scolastico già è lento, se poi pensiamo che non c’è nessuno a guidarlo…

      • Leonardo il Grosso ha detto:

        E come fare per scegliere chi deve guidare? Nell’attuale sistema si farebbe meno danno con un’estrazione a sorte.

      • Morias Enkomion ha detto:

        Il pachiderma ha una guida e una strategia. Quale? E’ agli occhi di tutti: nozionismo. La scuola non insegna il pensiero critico come strategia per avere adulti che sappiano valutare e scegliere. La scuola forma e sforna automi. Le uniche eccezioni sono quei pochi professori che insegnano per missione, ma non esistendo il merito – anche questa una strategia – sono ovviamente poco spinti a dare il massimo e col tempo si conformano alla media.

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