3.c.5 – Si deve conoscere la verità?

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4 Luglio 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

Si deve conoscere la verità?

Fin da piccoli siamo abituati a pensare che bisogna conoscere la verità dei fatti, delle situazioni e delle leggi della natura per tenere dei comportamenti che risultino vantaggiosi, mentre seguire delle false credenze è sempre dannoso o nel migliore dei casi inutile; esaminando invece il modo in cui la mente umana costruisce la famosa mappa mentale abbiamo visto che in realtà le false credenze sono una componente fondamentale ed indispensabile della nostra visione del mondo. Ipotesi e supposizioni anche molto fantasiose colmano le nostre enormi lacune riguardo la conoscenza della verità sul mondo che ci circonda; ricordiamo ancora che nessuno di noi ha una magica sfera di cristallo che mostri la verità che vorremmo sapere, possiamo solo immaginarla sulla base di quanto percepiamo con i nostri sensi; le nostre sensazioni sono di fatto le uniche verità di cui disponiamo, la loro interpretazione e tutto ciò che ne segue è frutto della fantasia e della ragione, intesa come capacità di verificare la coerenza fra le sensazioni ricevute e le nostre fantasie. Gran parte della verità ci è preclusa e tale vuoto viene colmato con le credenze che in un secondo momento risulteranno più o meno vicine alla realtà dei fatti.
Secoli di scienza sperimentale e millenni di filosofia ci hanno mostrato che credenze molto lontane dalla verità si sono rivelate utilissime poiché inducevano a comportamenti comunque corretti; in mancanza della verità ci si può dunque accontentare di una buona falsità. Tra la realtà ed un’ottima illusione c’è comunque una differenza che rende la realtà sempre preferibile, ma non sempre tale difformità si rende evidente, rendendo così equivalenti di fatto le due situazioni. In base a questa considerazione il concetto risalente all’antica Grecia di una verità mai conoscibile completamente, ma alla quale ci si può avvicinare, risulta ancora oggi valido e largamente applicato dalla scienza le cui teorie sono viste come approssimazioni, in genere molto precise, della realtà.
La verità dunque in linea di principio non è un valore che si possiede, ma un valore da ricercare anche se spesso rappresenta una meta irraggiungibile, un bene prezioso che non sarà mai completamente nostro. Se invece consideriamo la verità come un bene da proteggere, quindi posseduto, significa che quasi sicuramente stiamo proteggendo una buona falsità come verità, scivolando inevitabilmente nel dogmatismo.
Quando affermiamo che una credenza falsa, ma efficace, risulta equivalente alla verità e quindi ne è un ottimo surrogato, stiamo sottovalutando i suoi vantaggi; molto spesso infatti la falsa credenza risulta indubbiamente migliore della verità perché è molto più semplice da capire ed usare.
Se dunque possiamo affermare che la ricerca della verità è il primo valore, il più importante legato alla conoscenza, il secondo è la capacità di inventare delle buone falsità. Questa capacità dipende, come abbiamo detto, da due preziosissime facoltà della nostra mente: l’immaginazione e la razionalità, a cui corrispondono due valori altrettanto importanti da coltivare: la creatività e la coerenza all’evidenza dei fatti. La creatività va protetta dalla paura del nuovo che tende a soffocarla, la coerenza invece ha bisogno soprattutto di essere esercitata con la pratica poiché è un’arte difficile ed impegnativa.

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3 Commenti per “3.c.5 – Si deve conoscere la verità?”

  1. Gilberto il Valligiano ha detto:

    Il concetto di ottima illusione è veramente originale e, a pensarci bene, non è per niente un paradosso, ma per convincersene bisogna liberarsi dalla nostra innata ipocrisia.

  2. Angelica dal Vessillo Dorato ha detto:

    L’affiancamento della creatività alla razionalità come due concetti complementari e imprescindibili è molto importante in un percorso di conoscenza.

  3. Morias Enkomion ha detto:

    La verita’ e’ la meta, ma la strada da percorrere dobbiamo costruircela noi. E come spesso accade, il bello del viaggio non e’ l’arrivo ma il percorso.

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