Dagli studi sulla formazione dei dipendenti si è scoperto che insegnare agli adulti non è proprio la stessa cosa che insegnare ai bambini; vi sono notevoli differenze psicologiche che influenzano profondamente la capacità di apprendimento e quindi certi metodi funzionano meglio con gli adulti, altri con i bambini.
È curioso notare come nell’antichità, ad esempio nelle scuole filosofiche del mondo greco-romano, insegnare a degli adulti fosse cosa piuttosto comune e che venisse fatto in modo diverso rispetto ai bambini; sembra che in questo campo fossero più avanzati rispetto alla quasi totalità delle istituzioni scolastiche del ventesimo secolo, strutturate secondo il modello tipico dell’insegnamento ai piccoli. Insegnare ai grandi è un’arte caduta in disuso dal medioevo e, come tante altre tradizioni culturali, non è stata più recuperata, tuttavia si è cercato di ricostruirla ripartendo da zero su basi scientifiche ed oggi, sebbene poco diffusi, sono disponibili nuovi modelli di insegnamento, alternativi a quelli tradizionali.
Uno dei più importanti risultati raggiunti è l’aver capito che i metodi di apprendimento di un singolo individuo variano con il suo grado di maturità e quindi anche i metodi di insegnamento devono fare altrettanto per ottenere la massima efficacia. I ragazzi devono dunque essere seguiti nel loro sviluppo dalla scuola, che passerà gradualmente da un approccio da scuola elementare a quello di un corso di formazione per adulti.
Questo cambiamento coinvolge certamente anche il ruolo dell’insegnante, che è sempre stato importante, ma che ora deve essere valorizzato ancora di più, sia perché è diventato più complicato e difficile, dovendo cambiare strategie secondo il tipo di alunno, sia perché è aumentata la sua importanza per la società: chi più degli insegnanti deve essere sempre aggiornato per preparare i giovani ad un mondo in perenne cambiamento? Il valore di un servizio ovviamente deve essere riconosciuto dal cliente, cioè dagli allievi e, nel caso dei bambini, dalla famiglia che deve educare i piccoli al valore della conoscenza cominciando proprio dal rispetto da portare all’insegnante; tale figura deve essere, dopo i genitori, il punto di riferimento educativo più importante e, proprio come i genitori, deve seguire gli allievi nel loro sviluppo aiutandoli a divenire più maturi ed indipendenti fino ad essere allievi adulti e, nei limiti delle proprie possibilità, produttori di nuova conoscenza. La scuola deve dunque mantenere il suo ruolo educativo ancor più di quello istruttivo poiché l’istruzione continuerà anche da adulti, mentre per preparare una nuova generazione a seguire un percorso di formazione permanente è necessaria fin dall’inizio un’opportuna educazione, basata sul valore della conoscenza, della ricerca, dell’innovazione e di un continuo aggiornamento.
PALCO D’ONORE
TIM BERNERS-LEE
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Si parla di spesso di scuola di eccellenza, di schede di valutazione per gli insegnanti, di presidi manager, di controlli e di burocrazie varie, ma poco si discute sul ruolo dei genitori in affiancamento degli insegnanti in un contesto educativo completo. I genitori dovrebbero acquisire questo loro fondamentale ruolo ed esercitarlo insieme piuttosto che contro gli insegnanti dei propri figli, ma è una realtà molto al di là da venire…
La scuola dovrebbe insegnare a pensare, la famiglia dovrebbe pensare a trasmettere valori.