Capitolo 5.c

23 Ottobre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

Teamwork and team spirit

LA STRUTTURA DEMOCRATICA

Guardiamo al futuro, si dice che i cambiamenti devono venire dai giovani, ma quali giovani? Facciamo un po’ di chiarezza: per giovani intendiamo i bambini? Gli adolescenti? Gli studenti universitari? Oppure i giovani che, raggiunta la piena maturità devono affrontare i problemi della vita adulta? Stiamo sicuramente parlando di giovani adulti, soprattutto da un punto di vista psicologico, quelli cioè che sono entrati in una fase della vita in cui sono indipendenti e non solo economicamente, giovani che sono quindi consapevoli delle difficoltà della vita adulta e che le devono gestire nel proprio interesse. Quando si cerca di confondere questi giovani con gli altri, in genere lo si fa per avere il pretesto di manipolare i giovani ancora privi delle giuste esperienze e quindi più facilmente circuibili. Incitare il cambiamento da parte di coloro che non possono farlo è evidentemente una strategia per non cambiare nulla in nome del riformismo.
Una società soddisfacente deve rispettare la natura umana ed essere democratica, ma una vera cultura democratica è oggi inesistente. L’assetto sociale della struttura democratica che stiamo per presentare è pertanto attualmente impossibile, pur essendo un serio progetto per il futuro da perseguire dopo che si saranno diffusi i giusti adattamenti culturali; si tratta di una premessa importante al fine di distinguere i problemi alla nostra portata da quelli che non lo sono. Il concetto di villaggio moderno invece, come abbiamo visto, è immediatamente realizzabile e può costituire anche il giusto veicolo di diffusione della suddetta cultura democratica. Esso inoltre non è in contrasto con l’assetto politico vigente, ma lo integra analogamente agli enti non profit, con la differenza però che, rispetto a questi, offre vantaggi immediati a chi vi partecipa e consente di risparmiare tempo, cioè la risorsa oggi più preziosa. Il consolidamento delle attività del villaggio potrà permettere di radicare la cultura della partecipazione e della condivisione, mentre lo sviluppo di federazioni di villaggi permetterà di superarne i limiti numerici e potrà agevolare la diffusione di tale modello. Su questa base si potrà poi cominciare a definire un nuovo assetto sociale veramente democratico.

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5.c.1 – Quali sono gli obiettivi da raggiungere?

24 Ottobre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

1-obiettivi-ridQuali sono gli obiettivi da raggiungere?

Per realizzare una società veramente democratica ci eravamo posti i seguenti obiettivi:
• l’insieme dei cittadini deve costituire effettivamente la massima autorità
• il governo deve essere una forma di autogoverno, quindi deve seguire la volontà popolare
• gli oratori abili, ma disonesti, non devono avere vantaggi rispetto ad oratori scadenti, ma con buone idee
• si devono eleggere veri rappresentanti
• vi deve essere un efficace controllo dei rappresentanti
• vi deve essere una selezione delle idee migliori
tali obiettivi sono già stati raggiunti su piccola scala, a livello di villaggio, ma ora dobbiamo trovare il modo di realizzare lo stesso risultato su popolazioni molto più grandi, di migliaia o milioni di persone.
Dato che l’essere umano è un animale tribale, riteniamo che una società rispettosa della sua natura debba avere come mattone fondamentale qualcosa di simile al villaggio moderno, così come questo, per lo stesso motivo, si baserà sulle famiglie che lo compongono.

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5.c.2 – Quali sono le falle della nave su cui navighiamo?

25 Ottobre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

2-nave-ridQuali sono le falle della nave su cui navighiamo?

Proviamo a ricordare i numerosi punti deboli che abbiamo scoperto nel sistema attuale:
• le liste dei candidati non sono redatte democraticamente dai cittadini, ma dai partiti, associazioni private di una minoranza di cittadini che non sono organizzate in modo democratico al loro interno, quindi sono i personaggi più in vista dei partiti, se non addirittura i presidenti, a compilare le liste dei candidati, stabilendo così chi potrà essere eletto; i cittadini sono di fatto obbligati a votare chi è stato precedentemente approvato dalla nuova classe dominante. Il resto della popolazione ha il diritto di formare nuovi partiti, ma in pratica la cosa richiede anni per organizzarsi e per superare tutte le difficoltà che il sistema attuale impone, come ad esempio procurarsi i finanziamenti necessari per la propaganda e partecipare con successo alle elezioni, dove spesso esistono delle soglie di sbarramento al di sotto delle quali non si ottiene nessun rappresentante. Ne segue che, per avere successo, il nuovo partito deve nascere già corrotto e pronto a tradire i suoi sostenitori; dopo anni di attesa aver formato un nuovo partito risulterebbe quasi sicuramente inutile. Il voto dunque non può dirsi libero
• su una popolazione di molti milioni di abitanti viene eletto un rappresentante su decine di migliaia di elettori i quali, non conoscendolo personalmente, sono costretti a sceglierlo in base alla pubblicità, al sostegno del suo partito, dei giornali e della televisione, cioè in base ai finanziamenti che si è procurato, estorcendoli o vendendosi. In altre parole con il sistema attuale i cittadini sono indotti ad eleggere il più corrotto ed il più disonesto e non chi rappresenta e tutela i loro interessi. Il sistema attuale allora non permette di scegliere dei veri rappresentanti
• i cittadini partecipano ufficialmente alla politica solo attraverso il voto alle elezioni, il resto del tempo ne sono completamente esclusi, non hanno modo di discutere o imporre delle modifiche ai programmi presentati dai loro rappresentanti. Con un unico voto devono esprimere la propria opinione sulla gestione dello Stato nelle sue varie forme: politica estera, sicurezza, sanità, ambiente, lavoro, ecc.. Avendo a disposizione solo un singolo voto da esprimere ogni quattro o cinque anni, essi possono solo scegliere fra i programmi formulati dai signori della politica e puntualmente dagli stessi disattesi una volta eletti. La popolazione quindi viene gestita dall’alto, non si tratta di una forma di autogoverno
• il sistema attuale, nato con le migliori intenzioni in un’epoca lontana, senza le attuali conoscenze della psicologia e della natura umana, non tiene conto dell’incapacità del singolo cittadino di sviluppare da solo una cultura democratica adeguata, né della naturale tendenza a seguire istintivamente un capo o delle tradizioni, senza criteri razionali. La premessa di fondo su cui invece si è basato il sistema parlamentare è che la gente comune votasse naturalmente nel proprio interesse eleggendo responsabilmente i propri rappresentanti. L’esperienza odierna ci mostra come, contrariamente alle aspettative, la gente comune non è in grado di eleggere i propri rappresentanti e senza saperlo vota regolarmente contro i propri interessi
• nel modello politico vigente si mantiene la grossolana quanto antica ripartizione fra sudditi ed aristocratici: il volgo ignorante era politicamente uniforme, privo di potere decisionale e veniva governato dagli aristocratici, a cui ci si doveva rivolgere per avere favori e protezione. Ancora oggi il popolo, con un voto di fatto inespressivo, sceglie il suo protettore della classe dominante, ma non partecipa al dibattito politico. In questo modo si priva la gente anche della possibilità di sviluppare con la pratica le capacità e la cultura adeguate per partecipare alla gestione della politica
• nei sistemi parlamentari i cittadini sono considerati giustamente uguali fra loro nei diritti, ma non si tiene conto che essi sono diversi nelle capacità, nelle esperienze, nella cultura, nelle esigenze. Non si considera l’importanza della specializzazione nella società umana e nella gestione politica in particolare, il sistema è concepito come se tutti fossero ugualmente esperti su tutto, quando invece è evidente che non lo sono e non potranno mai esserlo; lo stesso principio viene inoltre applicato anche ai parlamentari. Il risultato è che spesso si chiede di esprimere un giudizio, di prendere una decisione attraverso il voto, a chi non è competente per farlo. Si generano allora gruppi allo sbando bisognosi di essere guidati dal manipolatore di turno, che con il loro numero coprono la voce di chi effettivamente aveva le competenze giuste
• se la gestione dei programmi politici, in teoria, dovrebbe essere esercitata indirettamente dai cittadini attraverso i parlamentari, l’amministrazione dello Stato, cioè l’applicazione pratica della politica, è ancora più distante dalla popolazione; i ministri infatti non sono eletti direttamente ed essi devono rendere conto del loro operato solo ai parlamentari e quindi alle lobby che hanno appoggiato la loro nomina. Il cittadino dunque, nel momento in cui i parlamentari non sono rappresentativi, non ha strumenti per esercitare un controllo sulla politica reale.

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5.c.3 – Come mai non ce ne siamo accorti prima?

26 Ottobre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

3-accorti-ridCome mai non ce ne siamo accorti prima?

Quando, poco prima del 1800, vennero introdotti i primi sistemi parlamentari negli Stati Uniti ed in Francia, la popolazione avente diritto di voto era solo una piccola parte del totale: erano esclusi tutti gli schiavi, tutte le donne, tutti gli analfabeti, tutti i poveri ecc.. Si trattava dunque di applicazioni di principi democratici all’interno di un’esigua minoranza, non di vere e proprie democrazie. All’epoca si ritenne che solo chi avesse ricevuto una certa istruzione e possedesse un certo reddito potesse partecipare alla politica democratica; oggi sappiamo però che in genere anche i laureati benestanti non sono affatto in grado di farlo.
Considerando che il numero di parlamentari era circa lo stesso di quello attuale e con una popolazione votante così ridotta, all’epoca era possibile avere un parlamentare su circa 300 votanti, mentre oggi ne abbiamo uno su 50.000; i problemi attuali relativi alla rappresentatività erano pertanto ridotti al minimo. Inoltre la popolazione votante, appartenendo grosso modo allo stesso ceto sociale, era più uniforme di quella attuale sia per esigenze, sia per mentalità; era dunque assai più facile sentirsi rappresentati. Giustamente le ingiustizie sociali dell’epoca vennero attribuite alla disparità di accesso al voto, ma per il resto il sistema sembrava funzionare perfettamente; è naturale allora pensare che, in totale buona fede, i teorici della democrazia videro il suffragio universale come meta finale da raggiungere, unitamente alla costruzione di scuole pubbliche accessibili a tutti.
L’esperienza invece ci ha insegnato che al crescere della popolazione il sistema parlamentare non riesce a garantire la rappresentanza reale e quindi la democrazia, inoltre tende a corrompersi e degenerare progressivamente anche da un punto di vista amministrativo. In una democrazia indiretta, estendere il voto a tutta la popolazione ha un senso se tale voto consente di eleggere dei veri rappresentanti, in caso contrario è inutile, ma può illudere la cittadinanza ed anche molti politici di aver raggiunto la democrazia.
Da un punto di vista scolastico dobbiamo notare che una maggiore cultura non comporta necessariamente una maggiore cultura democratica; le scuole hanno inoltre il compito di preparare dei validi cittadini per il domani e non certo dei sovversivi, mostrando loro le pecche del sistema; tutti quanti, negli ultimi due secoli, siamo dunque stati educati a pensare al sistema attuale come funzionante e completo grazie al suffragio universale. Probabilmente era impossibile nel XIX secolo prevedere che l’estensione del diritto di voto a tutta la popolazione avrebbe innescato una spirale perversa, costituita da manipolatori, pubblicità e finanziamenti, tale da rendere il sistema inutilizzabile. All’epoca, per comunicare con il proprio elettorato fatto di poche centinaia di persone, in genere amici di amici, era sufficiente qualche comizio in piazza. Abili oratori senza scrupoli erano di certo avvantaggiati, ma era poca cosa rispetto a quelli attuali, né era necessario vendersi per ottenere i finanziamenti per la propaganda. Oggi davanti al moltiplicarsi di scandali e disservizi non si può più evitare di chiedersi:
• come mai dopo tanti anni, la gente è cosi insoddisfatta dei propri politici?
• come mai i cittadini non riescono a trovare politici all’altezza?
• come mai anche i politici più disprezzati, colpevoli di aver creato i maggiori problemi, riescono a conservare la loro carica per decenni?
• come mai la propaganda politica diviene sempre più costosa e assillante?
• come mai i cittadini si sentono sempre più impotenti e frustrati?
• come mai non si realizza un ricambio politico?
Dobbiamo quindi concludere che il suffragio universale, prima pietra miliare verso la vera democrazia, è rimasta una pietra isolata e paradossalmente è stata sfruttata fino ad oggi dai governanti delle democrazie apparenti per consolidare il proprio potere sul popolo.

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5.c.4 – Uguaglianza a ogni costo?

27 Ottobre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

4-uguaglianza-ridUguaglianza a ogni costo?

Nel precedente paragrafo abbiamo visto come la nostra politica si muova verso una degenerazione sociale sempre più accelerata. Se l’obiettivo era, come tuttora è, quello di migliorare la qualità della vita dei cittadini attraverso una riduzione delle differenze sociali fra gli stessi, allora bisogna ripartire dall’analisi di tale obiettivo.
A tal fine bisogna innanzi tutto, come al solito, fare chiarezza terminologica: l’uguaglianza da perseguire è quella delle opportunità culturali ed economiche, non quella che è sinonimo di appiattimento forzato.
Gli uomini non sono tutti uguali e guai se lo fossero, perché il successo evolutivo dell’essere umano si basa proprio sulla grande varietà, dunque sulle differenze genetiche fra i vari individui; esistono uomini più eclettici e meno eclettici, più forti e meno forti, più sensibili e meno sensibili, e così via in un elenco infinito, ma nessuno è dotato di ogni virtù e se anche lo fosse, non potrebbe comunque fare a meno degli altri (soprattutto nel mondo attuale in cui si tende sempre a una maggiore specializzazione e non può più esistere un “dotto” in ogni materia).
Dobbiamo pertanto essere consapevoli e orgogliosi delle nostre diversità nella consapevolezza che si tratta della nostra arma vincente; dobbiamo dunque tendere a sfruttare al meglio le nostre differenze genetiche o culturali, non a reprimerle, perché ciò significherebbe andare contro la nostra natura. Nessuno infatti parlando di uguaglianza intende eliminare tali differenze poste dalla natura, ma quelle create dall’uomo e poi imposte dalla società, come le discriminazioni razziali, sessuali, religiose, ecc.. Cercare di eliminare le diversità naturali, quindi inevitabili, vuol dire cercare di appiattire gli uomini su uno stesso piano, significa andare contro natura, non significa contrastare le discriminazioni. Possiamo dunque distinguere fra disparità naturali ed artificiali e sono solo le seconde quelle da eliminare.
Una società efficiente deve allora capire ed esaltare le doti di ognuno, nonché fare in modo che il singolo abbia le giuste gratificazioni personali ed economiche rispetto al ruolo che svolge nell’interesse comune.
Una volta capito che gli uomini per loro natura non sono tutti uguali e che devono svolgere ruoli sempre più differenziati, che senso ha parlare di uguaglianza? La risposta sembrerebbe scontata, ma in realtà un’uguaglianza da perseguire e da difendere a ogni costo c’è e come, si tratta del vero obiettivo: le pari opportunità, le quali dipendono dalla società dove viviamo. Per esaltare le potenzialità delle nostre diversità è infatti necessario un ambiente che permetta equamente ad ognuno di poter esprimere le proprie qualità; ciò con grande soddisfazione del singolo, ma anche con inevitabile beneficio collettivo. Si tratta in fondo, di una componente della regola del vantaggio precedentemente esaminata, in base alla quale tutti i membri della società devono trarne un’utilità; è sotto questo aspetto che dovremmo essere veramente tutti uguali.
Le differenze da eliminare sono quindi quelle di tipo sociale ed è di tutta evidenza come esse siano sostenute dagli ormai noti problemi radice: ignoranza, disinformazione e frammentazione sociale.
Una volta capito che il suffragio universale non è l’obiettivo, ma il mezzo per realizzare una società basata sulle pari opportunità, non possiamo non concludere, dopo sessanta anni di sperimentazione, che tale strumento da solo non funziona. Applicare il suffragio universale senza un sistema di autogestione adeguato alle grandi masse è come addentrarsi in una giungla con un fucile caricato a salve, ma convinti di disporre di vere pallottole.

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5.c.5 – Esistono altre vie?

28 Ottobre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

5-vie-ridEsistono altre vie?

Quando un modello non funziona, viene naturale cercare di sostituirlo con un altro conosciuto. Abbiamo però già detto come il confondere l’attuale sistema con la democrazia sia un grave abbaglio; come ciò porti erroneamente a dedurre che la democrazia non funziona e quindi porti ad auspicare il ritorno di modelli dittatoriali, ancorché pure essi non abbiano mai realizzato il bene della collettività.
La verità è che lo strumento necessario è quello che porti alla democrazia, non al suo contrario, ma si tratta di uno strumento mai realizzato, uno strumento che ancora non esiste. E allora? Non abbiamo forse visto che una delle principali risorse dell’essere umano è quella di usare un’infinità di strumenti dallo stesso concepiti e realizzati? Abbiamo costruito macchine volanti e subacquee, possiamo comunicare in tempo reale con persone agli antipodi, disponiamo di computer con capacità di calcolo per noi impossibili, usiamo robot che lavorano in condizioni impraticabili per gli uomini, perché ci dovremmo scoraggiare di fronte alla necessità di concepire, sperimentare e realizzare un’efficiente strumento democratico?
L’importante era focalizzare il vero problema, a questo punto possiamo essere ottimisti, una soluzione si troverà!

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ROALD AMUNDSEN

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   n. 48 – QUAL E’ LA NOSTRA PARTE? 

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5.c.6 – La tripartizione dei poteri è veramente il fondamento della democrazia?

29 Ottobre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

6-tripartizione-ridLa tripartizione dei poteri è veramente il fondamento della democrazia?

Nel diciottesimo secolo, con l’affermarsi delle apparenti democrazie moderne, si è concepito un sistema che prevede la tripartizione dei poteri fondamentali dello Stato in potere legislativo, amministrativo e giudiziario, nonché l’affidamento di tali poteri ad organi istituzionali distinti e indipendenti. Tali poteri rappresentano in realtà i modi in cui lo Stato può imporre la propria autorità al cittadino, per questo erano così temuti dai primi democratici del mondo occidentale. Se un unico uomo oppure un’unica istituzione avesse avuto il controllo di tali mezzi coercitivi, sebbene eletto democraticamente, avrebbe potuto trasformarsi facilmente in un dittatore. Si è dunque pensato bene di ripartire e affidare simili autorità ad istituzioni diverse, tuttavia è ovvio che se tali istituzioni non sono controllate dai cittadini lo saranno da altri e non sarà troppo difficile per questi ultimi accordarsi tra loro a danno della democrazia e della popolazione. Più che il fondamento della democrazia dunque la tripartizione dei poteri ne è una fondamentale protezione.
I cosiddetti poteri fondamentali, che riuniti rappresentano il potere di un sovrano assoluto, devono essere mantenuti sempre distinti e indipendenti nella società con una sola ovvia eccezione: il popolo stesso che, controllandoli tutte e tre, deve essere l’unico collegamento fra di essi, altrimenti qualche altra entità finirebbe per rivaleggiare con l’autorità della popolazione. Tutti possono verificare facilmente che oggi, con il sistema parlamentare, in genere i cittadini non hanno un serio controllo su nessuno dei tre, infatti non sono in grado di operare un reale ricambio politico né al parlamento, né al governo, né ai vertici della magistratura.
È bene a questo punto fare qualche precisazione sui tre poteri poiché nel linguaggio comune è facile fare confusione: come possono essere indipendenti se il primo fa le leggi, il secondo le applica ed il terzo giudica in base ad esse? Si direbbe che dal primo necessariamente dipendano gli altri due. In base a quanto abbiamo detto ciò che deve essere separato è la loro capacità di imporsi e vessare la popolazione, cioè la loro autorità; per potere legislativo non si intende quindi, in questo contesto, la generica capacità di emanare delle leggi, ma quella di sancire norme che condizionano direttamente la vita dei cittadini. La popolazione teme nuove imposte, l’innalzamento dell’età pensionabile o la riduzione della tutela dei lavoratori; le norme che impongono le luci di illuminazione della targa delle automobili o che stabiliscono la periodicità di manutenzione degli ascensori, pur essendo anch’esse tecnicamente delle leggi, devono essere viste come tipologie di leggi diverse, poste al di fuori del nostro discorso. Allo stesso modo ciò che si teme del potere amministrativo non è la gestione dell’ambiente o degli affari esteri, ma l’autorità di polizia o quella di imporre misure di emergenza che limitino la libertà personale, il potere dunque di dettare ordini. Bisogna dunque aver cura di affidare ad entità distinte l’esercizio di tali autorità e non la normale attività legislativa, amministrativa e giudiziaria che nel loro svolgersi sono indissolubilmente legate.

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5.c.7 – Cerchiamo un rappresentante o un capo?

30 Ottobre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

7-capo-ridCerchiamo un rappresentante o un capo?

La nostra natura ci porta a essere comandati e non a essere rappresentati, quindi ad avere un capo e non un rappresentante, ma la nostra natura ci ha anche selezionato per vivere in un villaggio costituito al massimo da un centinaio di persone: come si può conciliare la nostra natura con i moderni stati formati da milioni di persone? Come si può avere rispetto dei propri capi senza conoscerli? Come si può acquisire un’identità e un orgoglio nazionale senza una vera comunità?
Secondo noi è questa la strada da percorrere, se riusciremo a rispondere ai suddetti quesiti in armonia con la nostra natura, allora potremo cominciare a disegnare il nostro prototipo di strumento democratico.
Il villaggio moderno, nonostante sia stato concepito per dare vantaggi immediati a chi ne fa parte, può anche costituire una valida palestra di cultura democratica. Il villaggio è infatti costituito da persone affini che hanno liberamente scelto di unirsi e che possono liberamente decidere di dividersi (non solo per contrasti, ma anche e soprattutto per crescere), persone più o meno intercambiabili sui concetti di base che scelgono il proprio rappresentante in base alla sua disponibilità ed un capo, quando necessario, in base alla stima maturata con la conoscenza diretta. I villaggi vengono rappresentati da un delegato permanente che assicuri la continuità nei rapporti con gli altri villaggi e questo viene affiancato da un esperto della materia da discutere; i diversi livelli di federazione dei villaggi portano all’innovativo modello concentrico già esaminato in precedenza e quindi i villaggi possono costituire le cellule di un nuovo tessuto sociale, le componenti di una nuova struttura: la struttura democratica.

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IL CASO CELEBRE
   
GIUSEPPE GARIBALDI 

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5.c.8 – Chi non vorrebbe un parente parlamentare?

31 Ottobre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

8-parente-ridChi non vorrebbe un parente parlamentare?

Un vecchio detto popolare recita che “ci vorrebbe un medico in ogni famiglia”. Vista la delicatezza del ruolo del medico, ognuno di noi vorrebbe sempre affidarsi a una persona della massima fiducia, cioè un parente o almeno un amico. Un discorso analogo vale per il proprio rappresentante politico e non è un caso che, quando una persona può vantare un parente o un amico in parlamento, un altro detto popolare dice che tale persona “ha un santo in paradiso”. Quest’ultimo detto la dice lunga su come vediamo l’attuale assetto sociale: il parlamento non rappresenta il centro del nostro sistema concentrico, è piuttosto il vertice di una piramide, una piramide così alta che il vertice si trova sopra le nuvole in una sorta di moderno Olimpo.
Chi riesce a partecipare a tale paradiso viene pertanto venerato come un santo protettore, ma in un sistema in cui i parlamentari sono alcune centinaia, mentre la popolazione è costituita da molte decine di milioni di persone, è matematico che solo pochi fortunati possano avere un parente o un amico in parlamento. In un simile contesto il problema non è trovare dei parlamentari illuminati che governino con imparzialità, semplicemente perché ciò è impossibile, l’obiettivo da raggiungere è quello di un nuovo sistema che permetta di affidarsi a una persona vicina, con cui confrontarsi e a cui rivolgersi per le proprie esigenze, a cui prestare il proprio supporto quando necessario e su cui esercitare il doveroso controllo, insomma un sistema che sia un’estensione del modello concentrico già descritto in un precedente capitolo.

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IL CASO CELEBRE
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MILORAD BLAGOJEVIC 

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5.c.9 – Chi deve costituire il primo anello?

1 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

9-primo-anello-ridChi deve costituire il primo anello?

Proviamo insieme a vedere se il nostro modello di democrazia concentrica sia applicabile ad una città o a un’intera nazione (ricordando che prima bisogna diffondere la necessaria cultura democratica attraverso l’esperienza dei villaggi moderni).
Se vogliamo creare una struttura veramente democratica, è ovvio che il primo anello debba essere costituito da tutti i cittadini maggiorenni, ovverosia dal popolo, che in una democrazia detiene la sovranità. La struttura concentrica è uno degli strumenti che esso utilizza per organizzarsi ed autogestirsi; in particolare tale strumento serve a prendere delle decisioni in modo collettivo e, seguendo la natura umana, questo avviene attraverso il dialogo fra conoscenti, parenti o amici; tutti infatti amiamo parlare e consigliarci con le persone più stimate e fidate. Da sempre i re hanno schiere di consiglieri ed esperti, perché mai proprio il piccolo cittadino sovrano dovrebbe farne a meno? Ecco che per dare un valido contributo alla gestione democratica si rende automaticamente necessario un lavoro di squadra. L’anello si deve suddividere allora in piccolissimi gruppi di amici ben affiatati, che di fatto esistono già, ma con il nuovo sistema assumono un ruolo fondamentale nella società che viene loro riconosciuto istituzionalmente. E se una persona non si vuole interessare di politica o dell’argomento del giorno? Si può astenere delegando automaticamente tutti gli altri oppure delegarne uno in particolare. Il problema non risiede nel fatto che alcuni decidano per altri, questo è ciò che già succede, la popolazione accetta questo principio e anzi, in alcuni casi arriva ad invocare la dittatura pur di avere qualcuno che decida al suo posto; dobbiamo ancora una volta ricordare la nostra natura: siamo animali sociali, selezionati per organizzarci in gruppo e affidarci a un capo, non c’è niente di più naturale che ci si affidi a un altro, il vero problema è chi scegliere e con quali criteri.
Sappiamo già che votare un estraneo seguendo la pubblicità televisiva o simili equivale a rinunciare alla democrazia ed è inoltre noto che abili oratori con pochi scrupoli riescono a manipolare le folle oscurando chi ha migliori ragioni, ma minore abilità. Possiamo aggiungere che è molto pericoloso giudicare un rappresentante in base al titolo di studio, ai successi professionali, al patrimonio posseduto, al reddito prodotto, alla fedina penale immacolata o mediante una combinazione di questi o di altri fattori, perché sarebbe molto ingannevole, tutto tempo sprecato. Ognuno di tali criteri sarebbe infatti in grado di selezionare i più capaci e i più affidabili solo in presenza di un contesto ambientale che garantisse realmente pari opportunità fra i cittadini, perché solo così le lauree individuerebbero i più studiosi, i successi premierebbero i più meritevoli, la ricchezza apparterrebbe ai più capaci, ecc.. In un contesto in cui invece tutto è falsato per mancanza di vera democrazia, in cui le lauree si possono comprare un tanto al kilo, in cui i successi professionali e imprenditoriali sono dovuti sempre più agli appoggi politici, in cui ricchezza fa rima con spregiudicatezza, in cui le fedine penali vengono mantenute intonse potendosi permettere i migliori avvocati, piuttosto che con indulti e amnistie mirate, tali criteri sarebbero inutili. Infine non esistono titoli di studio o successi professionali che garantiscano la qualità più importante di un rappresentante che è l’affidabilità. Il problema della scelta si risolve invece immediatamente all’interno di un piccolo gruppo: niente estranei, niente pubblicità, niente folle che possano farsi manipolare; la scelta forse è limitata, ma sicuramente molto più affidabile ed è questa la cosa più importante.
Il primo anello dunque si deve suddividere in piccoli gruppi principalmente per scegliere un rappresentante a cui elencare i propri disagi, parlarne o magari chiedere consiglio. La maggior parte della popolazione infatti, pur accusando disagi di diverso tipo, spesso non conosce la vera causa degli stessi e tantomeno i veri problemi da risolvere; non sapendo come agire, la gente aspira a trovare qualcuno che agisca per essa, ma oggi lo fa pescando fra dei perfetti sconosciuti che emergono grazie al supporto di campagne elettorali da centinaia di milioni di euro. Se vogliamo realizzare una vera democrazia, non dobbiamo indurre tutta la popolazione a occuparsi quotidianamente di politica, sarebbe contro natura e non funzionerebbe mai; bisogna piuttosto creare un sistema che permetta una vera rappresentatività, la quale si può ottenere facilmente in piccoli gruppi per conoscenza diretta.
Il primo passo per risolvere un problema è quello di avvertirne la presenza e sappiamo che questa si manifesta attraverso un disagio. Questo primo passo si realizza spontaneamente nel primo anello quando la gente comune parla dei propri problemi alle persone vicine ed in particolare a quelle a cui si vuole affidare.

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5.c.10 – Quanto piccoli devono essere i gruppi?

2 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

10-piccoli-ridQuanto piccoli devono essere i gruppi?

Nei singoli gruppi si parla, si propongono idee, ci si consiglia, in questo modo si inizia a formare in modo autonomo la volontà popolare, premessa fondamentale della democrazia autentica. Tale attività viene condotta nel modo più naturale in due o tre persone, massimo quattro, con un numero superiore si inizia a formare una vera e propria riunione la quale richiede, affinché tutti si possano esprimere senza ostacolarsi a vicenda, un minimo di disciplina, di organizzazione e di impegno. Simili riunioni non presentavano problemi nei gruppi di lavoro che abbiamo incontrato nel villaggio moderno, tali gruppi però erano formati da persone particolarmente interessate ad un dato argomento o a una certa attività e quindi si riunivano spontaneamente. I gruppi di cui parliamo adesso invece devono essere adatti a tutta la popolazione, anche ai più disinteressati, quindi è bene evitare riunioni impegnative e cercare di sfruttare al massimo i canali sociali che già esistono. Risulta allora agevole affrontare un argomento in due o tre persone durante le normali frequentazioni oppure, senza muoversi di casa e con più tempo per riflettere, affrontarlo in un gruppo organizzato su internet che risulta facile e funzionale anche con una dozzina di persone. Nulla vieta infine di combinare i due sistemi riportando sul proprio sito virtuale le idee emerse in un dialogo al bar o durante una pausa di lavoro, in questo modo potrebbe partecipare ad una discussione un numero ancor più elevato di persone.
Ricordiamo però che tali gruppi non sono riservati solo a chi è animato da interessi particolari, inoltre essi devono tutelare il comune interesse ed in essi ciascuno ha la possibilità di essere nominato rappresentante di tutti gli altri, quindi è bene che i partecipanti siano legati da vincoli di amicizia e nel gruppo regnino stima e fiducia. Ma quante persone conosciamo così bene da poter scegliere come nostri rappresentanti o essere scelti da esse come tali? Di nuovo ci troveremmo davanti a numeri come quattro, cinque, massimo sette o otto. È naturale infatti che si possa ricevere piena fiducia da un numero assai limitato di conoscenti e ciò deve essere visto come un vantaggio, poiché in questo modo è facile essere vicini al proprio rappresentante per sostenerlo o controllarlo secondo necessità.
Se in prima battuta poniamo come pari a cinque il numero giusto di persone per formare i suddetti gruppi, possiamo facilmente immaginare di suddividere il primo anello in parti da cinque persone, tuttavia ciò sarebbe molto difficile e poco pratico da realizzare nella realtà per vari motivi:
• la scelta del gruppo a cui appartenere deve essere libera, ma un numero fisso imporrebbe di doversi accontentare dei posti rimasti vacanti
• il numero dei cittadini è in continua mutazione: ogni giorno diverse persone diventano maggiorenni e ogni minuto molte persone muoiono
• i vincoli di amicizia spesso legano gruppi di numero più elevato che giustamente non vorrebbero dividersi
• non tutti si interessano o si sentono preparati sugli stessi argomenti quindi bisogna prevedere che non sempre tutti partecipino alle discussioni; per garantire un minimo di partecipazione in alcuni casi è opportuno un numero maggiore di cinque anche se non tanto da rendere caotica una riunione a cui tutti volessero partecipare.
È pertanto fisiologicamente necessaria una certa elasticità e ci sembra opportuno un numero variabile fra cinque e nove poiché è chiaro che in dieci ci si può agevolmente dividere in due gruppi da cinque. Si tratta di una convenzione per contemperare le diverse esigenze, potremmo anche far oscillare il numero fra sei e dodici, l’importante è non raggiungere numeri troppo grandi e che non vi sia troppa differenza numerica fra i vari gruppi in modo che i vari rappresentanti abbiano grosso modo la stessa dignità nel secondo anello.
In questo modo è possibile che dei membri entrino o escano dal gruppo senza compromettere tutto il sistema e solo in casi particolari saranno necessari scissioni o accorpamenti.

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5.c.11 – Qual è il ruolo dei rappresentanti?

3 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

11-rappresentante-ridQual è il ruolo dei rappresentanti?

I gruppi del primo anello devono comunicare fra loro i disagi che condividono, ma anche le idee, i progetti e magari le prime soluzioni che emergono dalla loro attività, queste devono essere raccolte e confrontate, quindi ulteriormente discusse; tali compiti spettano proprio ai rappresentanti.
È bene ricordare che vi sono due modi per rappresentare qualcuno:
• riferire fedelmente la decisione presa dal delegante
• prendere la decisione al posto del delegante.
È ovvio che è proprio il delegante, nel nostro caso il gruppo, che sceglie in quale modo vuole essere rappresentato, in base all’argomento trattato o al contesto.
Tornando alla rappresentazione grafica della democrazia concentrica, possiamo notare che l’anello più esterno ha cambiato aspetto: non più un cerchio costituito da singoli individui, ma un anello composto da un numero più ridotto di gruppi di base (che d’ora in poi chiameremo semplicemente Gruppi) per ognuno dei quali avremo un rappresentante nel secondo anello.
Per essere designati come rappresentanti da quattro parenti o amici in un Gruppo, è evidente che non servono né le costose quanto indisponenti campagne elettorali, né le ricorrenti quanto noiose elezioni; è sufficiente una semplice manifestazione di volontà, che come tale può essere modificata in ogni momento, analogamente a quanto siamo già abituati a fare per scegliere il medico di famiglia.
Lo Stato ci ha già associato a un codice che ci identifica in modo univoco; creare un database istituzionale che gestisca la composizione dei nostri Gruppi del primo anello e i relativi rappresentanti è veramente un gioco da ragazzi che si può realizzare praticamente a costo zero. Ogni cittadino potrebbe dunque accedere a tale database e modificare con la massima comodità la propria preferenza per il rappresentante (compatibilmente con le deleghe già ottenute dalla persona scelta) o per il Gruppo tramite un’interfaccia molto semplice e intuitiva da usare mediante il proprio computer o attraverso apposite postazioni messe a disposizione presso gli uffici comunali o di altre istituzioni pubbliche.
Con questo primo passaggio del nuovo sistema, l’80% della popolazione potrebbe disinteressarsi della politica, ma avrebbe in casa il proprio rappresentante, una persona cioè che, oltre ad essere della massima fiducia, sarebbe anche quotidianamente a disposizione per confrontarsi sulle priorità dei problemi da risolvere, problemi che del resto vive anch’egli insieme ai propri rappresentati. È il caso di sottolineare ancora una volta che non tutti hanno il tempo, la passione o le capacità per interessarsi di politica, tuttavia con i Gruppi evitiamo che si formino degli emarginati della politica, poiché ognuno ha sempre la possibilità di dare il proprio contributo qualora lo voglia.

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5.c.12 – Come organizzare il secondo anello?

4 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

Come organizzare il secondo anello?

12-secondo-anello-ridLa natura ci insegna che quando si trova una formula che funziona bisogna replicarla per sfruttarla il più possibile, si pensi alla riproduzione sessuata, alla masticazione dei cibi o alla vista stereoscopica. Nel nostro piccolo dobbiamo allora umilmente trarre il giusto insegnamento e proseguire sulla nostra strada.
Abbiamo già applicato alcune fondamentali strategie evolutive: le cellule del primo anello crescono infatti fino a nove membri per poi dividersi in due cellule uguali formate da cinque persone (riproduzione per scissione); i membri della cellula attribuiscono a uno di essi il compito di rappresentarli (specializzazione) e tali rappresentanti, che possiamo definire fiduciari, dovranno a loro volta unirsi per formare un nuovo organo (collaborazione). Questi nuovi gruppi saranno formati da persone più motivate rispetto ai precedenti e la loro partecipazione sarà più attiva, analogamente a quanto avviene nei gruppi di lavoro del villaggio moderno e come questi dovranno svolgere un ruolo assimilabile agli antichi clan familiari.
Per questo motivo chiameremo Clan l’insieme dei Gruppi riuniti nel secondo anello per mezzo dei loro rappresentanti il cui gruppo prenderà il nome del Clan che rappresenta. Possiamo subito notare che ora la loro somiglianza con i clan del passato è ancora più marcata, in quanto i primi sono formati da più Gruppi così come i secondi lo erano da vari nuclei familiari. In precedenza i gruppi di lavoro erano stati limitati a dieci unità per esigenze pratiche di gestione delle riunioni, ma questo problema un tempo non esisteva, poiché i clan familiari non erano istituzioni democratiche e al massimo si potevano riunire i capi famiglia cosi come nel Clan si riuniscono i rappresentanti. Vi è dunque una somiglianza quasi perfetta fra i Clan e gli antichi casati, ricordando che questi ultimi rimangono la più naturale forma di associazione umana insieme alla famiglia ed al villaggio tribale; questo è proprio quanto volevamo: una struttura democratica e rispettosa della natura umana.
Al fine di mantenere al massimo la suddetta somiglianza, un futuro rappresentante dell’intero Clan deve essere molto vicino ai suoi deleganti del primo anello, è necessario dunque che egli rappresenti un insieme poco numeroso, dalle 15 alle 30 persone circa. Per rispettare i limiti che ci siamo appena posti, nel secondo anello si dovranno formare dei Clan che andranno dalle tre alle cinque persone.
Si noti che in questo modo tutti gli appartenenti ai Gruppi frequentano abitualmente anche il loro rappresentante indiretto e spesso saranno addirittura parenti dello stesso. Ciò significa che con la nuova struttura democratica circa il 95% della popolazione può delegare la gestione pubblica a un parente o a un amico e può farlo con la massima naturalezza, non servono infatti né assemblee, né votazioni, né verbali, né altre particolari formalità; il delegato non deve avere né una particolare età, né un particolare titolo di studio, né un particolare curriculum professionale, insomma il 95% della popolazione potrà nominare il rappresentante che preferisce secondo i propri criteri personali e potrà esimersi dal preoccuparsi della gestione pubblica senza però rinunciare a tutelare i propri interessi poiché avrà comunque delegato una persona vicina.
In un simile sistema non è necessario stabilire un tempo minimo di durata della carica di fiduciario o di delegato, né tantomeno un tempo massimo; non serve neppure stabilire un dato numero di riunioni perché si tratta di un insieme di persone che si frequentano abitualmente e che quindi si trovano in una sorta di riunione permanente in cui il delegato avrà sempre “il polso” del proprio gruppo.

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5.c.13 – La struttura politica inizia al terzo anello?

5 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

13-struttura-ridLa struttura politica inizia al terzo anello?

Una volta giunti al terzo anello, i rappresentanti dei Clan dovranno ancora una volta riunirsi in gruppi per formare un Villaggio, così chiamato perché rispecchia quella naturale forma di associazione umana che è il villaggio tribale. Esso è la più grande struttura entro la quale tutti si conoscono piuttosto bene, nella quale quindi possiamo sfruttare i vantaggi della conoscenza diretta, tuttavia già a questo livello diventa improbabile che i membri del gruppo siano persone che si frequentano abitualmente e quindi bisogna cominciare a stabilire delle regole di comportamento che servano da standard per garantire una collaborazione efficiente e che permettano, in caso di necessità, un facile spostamento da un gruppo all’altro. Sebbene in poco tempo i membri del gruppo, non essendo estranei, raggiungeranno un grado di confidenza adeguato, è bene affrontare subito il problema per evitare che si ripresenti ingigantito con i raggruppamenti successivi, i quali saranno ovviamente molto più grandi e i relativi rappresentanti saranno inizialmente estranei. Se poniamo che i vari Clan siano composti mediamente da 28 persone l’unione di sei Clan forma un Villaggio di 168 membri, circa il doppio di un antico villaggio tribale. Per non allontanarci troppo dalla nostra natura dunque poniamo pari a 170 il numero massimo di membri di un Villaggio.
I gruppi del terzo anello non somigliano né a famiglie, né a consigli di famiglia, costituiscono i primi enti ufficiali del nuovo assetto sociale. Tali gruppi rappresentano un Villaggio che è solo una variante dei villaggi moderni presentati in un precedente capitolo, ma è opportuno porre in evidenza alcune differenze: si ricordi infatti che il villaggio moderno è un insieme di persone che decide di organizzarsi privatamente per cercare di risolvere i problemi radice e quindi per migliorare la qualità della propria vita già nell’attuale sistema politico, mentre il villaggio di cui si parla nel presente paragrafo è un ente della nuova struttura democratica, molto simile al primo, ma formato da un anello in più per includere e tutelare anche chi non ha grande spirito di partecipazione.
Un ente ufficiale deve avere delle funzioni ben definite e il compito del Villaggio è quello di confrontare e discutere i problemi sentiti dai propri membri in modo da arrivare a una corretta e comune definizione degli stessi. Ci aspettiamo dunque che al terzo anello si giunga almeno al secondo passo verso la soluzione di un problema: il suo inquadramento. Tale lavoro è svolto prevalentemente dai fiduciari del secondo e del terzo anello, ma si ricordi che ogni anello è subordinato al precedente e che i rappresentanti servono da collegamento fra i vari gruppi, in genere sono dei coordinatori e dei portavoce, è raro che decidano in modo del tutto indipendente per gli altri. Ecco la base da cui partire per stabilire delle regole comuni nell’assemblea del Villaggio, ma anche per svolgere tale lavoro non servono particolari formalità, né particolari strutture; ricordiamo che i membri dell’assemblea sono solo cinque o sei e che le aggregazioni, pur essendo libere ed avendo internet a disposizione, avverranno con tutta probabilità anche seguendo un criterio di vicinanza fisica; quindi le riunioni ufficiali, quando necessarie, potranno svolgersi presso l’abitazione o l’ufficio di uno dei membri o magari al ristorante.

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5.c.14 – Si deve innovare anche il concetto di assemblea ufficiale?

6 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

14-assemblea-ridSi deve innovare anche il concetto di assemblea ufficiale?

Termini di convocazione, ordini del giorno non modificabili, assemblee in cravatta, votazioni a maggioranza, verbali con formule di rito: che barba, che noia! Cosa diremo ai nostri ragazzi della “generazione i” che stanno crescendo? Che non siamo riusciti a fare nulla di meglio? Rimbocchiamoci ancora una volta le maniche e ragioniamo insieme: una volta stabilito quale sia la funzione del Villaggio, saranno i membri dello stesso, persone adulte e responsabili, che si organizzeranno per svolgere al meglio tale funzione; il senso di responsabilità scatta automaticamente quando si è nominati dai propri familiari e dai propri amici, cioè da persone che devi guardare negli occhi tutti i giorni, mentre l’entusiasmo si sviluppa nel momento in cui si ricopre un ruolo istituzionale le cui gratificazioni possono compensare le amarezze quotidiane.
Chi ha partecipato a un incontro organizzato dall’alto (un’assemblea condominiale, un consiglio scolastico, una riunione di lavoro, ecc.) può confermare che si tratta di esperienze noiose e spesso inconcludenti; l’auto-organizzazione di un gruppo di pari per il raggiungimento di uno scopo preciso è invece tutt’altra cosa:
• non servono convocazioni ufficiali da notificare con raccomandate con avviso di ricevimento, semplicemente perché spesso non ci sarà bisogno neanche di una riunione fisica; il confronto dei problemi da definire può avvenire in rete con un forum dedicato del villaggio (in una struttura democratica è ovvio che l’intero territorio sia coperto da linee di connessione veloce e che i membri del villaggio, svolgendo una funzione di pubblica utilità, abbiano gratuitamente l’accesso ad internet) e quindi ogni membro potrà fare delle proposte o commentare quelle altrui (anche quelle di altri villaggi) nel proprio tempo libero a propria totale discrezione
• non servono ordini del giorno non modificabili se non con una nuova convocazione e con tutte le formalità del caso, semplicemente perché non ha senso. Ogni membro può inserire nel forum l’argomento che preferisce e se gli altri membri lo commenteranno significherà che era degno di discussione, altrimenti no
• normalmente non servono proprio le assemblee, perché abbiamo visto che il lavoro può svolgersi in rete; i membri di un villaggio potranno naturalmente consolidare il proprio rapporto con incontri di persona, ma è preferibile che siano incontri conviviali intorno a una bella tavola imbandita
• normalmente non servono le votazioni a maggioranza, perché in un piccolo gruppo di membri affiatati si tende sempre a raggiungere l’unanimità; ricordiamo che unanimità non significa pensare tutti allo stesso modo, ma convergere verso una posizione comune, pur partendo da opinioni diverse; quando un gruppo deve ricorrere spesso alle votazioni significa che non è un gruppo coeso ed è meglio che si sciolga
• non servono verbali con formule di rito vetero-notarili come per esempio: “addì il giorno 24 (ventiquattro) del mese di settembre, dell’anno 2008 (duemilaotto), presso gli uffici ubicati in … , si riunisce l’assemblea …, debitamente convocata a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento spedita in data …, premesso che tutti gli intervenuti …, e così via nella generale alienazione. Il risultato delle discussioni viene memorizzato nel forum e, una volta raggiunta una posizione comune circa un dato argomento, questa verrà sintetizzata in uno scritto in modo che possa avanzare al quarto anello.

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5.c.15 – Si possono superare i concetti di gerarchia e controllo?

7 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

15-gerarchia-ridSi possono superare i concetti di gerarchia e controllo?

La nostra evoluzione culturale ha creato dei sistemi basati su delle gerarchie autoritarie, su asfissianti controlli e su relative pesanti sanzioni; si tratta di sistemi talmente diffusi da essere divenuti normali a tutti i livelli: nelle famiglie, nei luoghi di lavoro e nella società in genere; tale tradizione è così radicata da essere stata adottata e tramandata dalle nostre religioni divenendo ancora più forte.
La naturale avversione a tali sistemi ha portato a un graduale dissolvimento degli stessi, ma dato che nel contempo non sono stati trovati dei modelli alternativi, ha portato anche ad una progressiva disgregazione di ogni istituzione sociale: insegnanti derisi e offesi dai propri alunni benché adolescenti, medici denunciati dai propri pazienti, genitori succubi dei propri figli, ecc.; in questa caotica progressione cresce in modo altrettanto esponenziale la richiesta di maggiore autorità, maggiore controllo e inasprimento delle sanzioni, insomma si sente il bisogno di tornare indietro. Bisogna allora rendersi conto che non abbiamo perso un modello valido, ma semplicemente non l’abbiamo sostituito con un nuovo ed efficiente modello.
Il villaggio moderno, il corallo umano e la struttura democratica cercano, attraverso l’applicazione della democrazia concentrica, di implementare un nuovo modello che intende sostituire la gerarchia imposta dall’alto con un’organizzazione condivisa (che non significa appiattimento o disconoscimento dei diversi ruoli che le persone necessariamente devono ricoprire) e che vuole rimpiazzare l’esasperazione dei controlli (peraltro puntualmente elusi) con un responsabile orgoglio personale, riducendo al minimo i controlli piramidali e sostituendoli con la responsabilità diretta (autocontrollo) e la collaborazione (controllo fra pari). In un sistema di anelli non ci sono vertici, ogni cerchio abbraccia e circoscrive quello più interno e quindi allo stesso tempo lo aiuta e lo limita; abbiamo già detto che in tale sistema le esigenze ed i problemi delle persone, tutte pari sullo stesso anello, confluiscono verso il centro e trovano delle soluzioni mentre si accentrano; tali soluzioni verranno poi irradiate verso l’esterno con una sorta di pulsazioni che terranno in vita e faranno crescere la nostra società. Continuiamo dunque a costruire il nostro modello.

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5.c.16 – Cosa accade oltre il villaggio?

8 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

16-oltre-ridCosa accade oltre il Villaggio?

Considerando una popolazione comunque grande, anche molti milioni di persone, noi possiamo applicare il sistema degli anelli per suddividerla ed organizzarla in Villaggi. Seguendo poi sempre lo stesso schema, ogni Villaggio manderà un rappresentante verso il centro formando il quarto anello; a questo punto dobbiamo notare alcune cose:
• i rappresentanti del quarto anello sono meno dell’1% della popolazione totale poiché possiamo presumere che i Villaggi superino mediamente le 100 unità
• in un gruppo di Villaggi molti possono non conoscersi direttamente, ciò significa che ciascuno conoscerà il rappresentante del proprio Villaggio, ma potrebbe non conoscere quello degli altri; quando dunque si eleggerà un unico rappresentante comune da inviare al quinto anello questo risulterà estraneo a molti, si perde quindi il legame della conoscenza diretta all’interno del gruppo e con il proprio rappresentante. Il quarto anello è l’ultimo ove troviamo sicuramente una persona del nostro villaggio, quindi ben nota
• scomparso il legame della conoscenza diretta, come unico limite numerico nella formazione dei gruppi rimane la necessità di formare un’assemblea di rappresentanti che sia facilmente gestibile e funzionale, cioè costituita da un numero di membri non superiore a quindici, da qui in avanti poniamo allora, che i gruppi possano variare da sette a quattordici membri, solo per comodità di calcolo e di esposizione considereremo che essi siano mediamente composti da dieci unità.
Al quarto anello dunque i gruppi riuniranno dieci Villaggi superando i mille membri e manderanno poi i loro rappresentanti a quello successivo. Al quinto anello tutte le considerazioni appena fatte per il quarto divengono ancor più valide: il numero dei membri si è infatti ridotto a un decimo rispetto al quarto e la possibilità di incontrare estranei è più elevata. I rapporti con il primo anello divengono formali poiché è venuta meno la conoscenza diretta, quindi dal quinto in poi gli anelli perdono il loro carattere familiare ed informale, per cui li chiameremo anelli istituzionali.
Sebbene la popolazione del quinto anello sia meno di un millesimo di quella del primo, se la popolazione di partenza è di molti milioni di cittadini, essa sarà comunque formata da migliaia di persone. Sarà dunque necessario ripetere la solita procedura creando un sesto anello e poi un settimo, ecc.. In questo modo si formano anelli sempre più piccoli fino a realizzarne uno con meno di quindici persone. A prima vista può sembrare che per raggiungere tale risultato sia necessario un grande numero di passaggi, ma si può facilmente calcolare che per saturare un sistema con 11 anelli sono necessarie oltre 10 miliardi di persone, circa il doppio dell’intera popolazione mondiale. Questo vuol dire che su qualunque nazione o gruppo di nazioni noi si voglia applicare il sistema concentrico, occorreranno al massimo dieci passaggi. Questo calcolo è stato fatto considerando anche gli anelli informali, cioè i primi quattro, i quali non comportano certamente un appesantimento burocratico; se invece consideriamo solo quelli istituzionali i passaggi possibili si riducono a sette.
Giunti al penultimo anello questo sarà formato da circa cento membri che saranno coordinati dall’ultimo anello centrale, a loro spetta dunque il compito di tradurre i contributi provenienti da tutta la struttura in leggi ed obiettivi politici concreti, operando le scelte definitive.

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5.c.17 – I compiti si suddividono fra i vari anelli?

9 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

17-compiti-ridI compiti si suddividono fra i vari anelli?

Se il primo anello esprime attraverso il disagio la percezione di un problema collettivo, il secondo ed il terzo hanno il compito di inquadrarlo nel modo migliore. In tal modo la volontà popolare, spesso incerta e confusa, diventa consapevole e determinata; riteniamo giusto che questo processo avvenga dentro il Villaggio, dove ciascuno conosce tutti gli altri e quindi ognuno contribuisce alla formazione di detta volontà collettiva.
Al quarto allora si deve compiere il passo successivo, cioè valutare e selezionare il problema ovvero stimare la sua priorità, nonché la possibilità di essere risolto internamente. La selezione del problema, come abbiamo visto non è un’operazione banale, è anzi di fondamentale importanza per non sprecare tempo ed energie; se è preferibile o addirittura necessario che la soluzione di un dato problema venga delegata a una struttura più grande, è bene farlo immediatamente per concentrarsi sui problemi alla nostra portata.
Il quinto anello dunque dovrà assumersi l’incombenza di studiare le prime soluzioni dei problemi individuando degli obiettivi precisi da raggiungere. Per svolgere tale compito si potranno naturalmente raccogliere le proposte di soluzione provenienti dagli anelli più esterni, in quanto è assai probabile che su migliaia di membri qualcuno abbia già avuto qualche buona idea.
Per fruire delle sinergie che si possono sfruttare in ambito nazionale è dunque importante già al quarto anello che il lavoro dei vari gruppi e dei relativi Villaggi sottostanti sia condiviso. La valutazione di quanto un problema sia sentito in un contesto più ampio del nostro è infatti fondamentale per scegliere i tempi e le alleanze con cui affrontarlo e quindi per assegnargli una giusta priorità.
La condivisione di tali lavori sarà semplicissima, basterà pubblicare in rete le sintesi di quanto elaborato dai vari gruppi, sintesi comunque già sviluppate ad uso interno che non comporteranno alcuno sforzo ulteriore, ma produrranno grande utilità reciproca.
Osserviamo infine che il confronto e l’affinità fra le priorità stabilite rappresenta anche un valido criterio guida per formare le coalizioni del quinto anello, dato che è quasi certo che esse siano formate da persone che inizialmente non si conoscono.
Al sesto anello ci aspettiamo che la definizione delle soluzioni, ovvero come raggiungere concretamente gli obiettivi stabiliti, dovrebbe essere portata a termine; agli eventuali anelli successivi non rimane che confrontare le diverse soluzioni, valutarle e selezionarle per poi passarle all’anello successivo. Qualunque sia il numero degli anelli, spetta agli ultimi due prendere le decisioni finali: secondo i casi si potranno votare le proposte al penultimo anello (più numeroso) e le votazioni saranno poi raccolte e convalidate dall’ultimo (che svolge funzioni di coordinamento), oppure l’anello centrale semplicemente riceverà delle indicazioni dal precedente e voterà direttamente le proposte migliori.
Vogliamo infine porre in evidenza l’utilità degli anelli successivi al sesto la cui opera selettiva permette di alleggerire il carico di lavoro degli ultimi due anelli ai quali giungeranno solo poche alternative fra cui scegliere, solo due o tre. Un altro fattore che permette di evitare un eccessivo carico di lavoro agli ultimi anelli è il fatto che i gruppi del settimo anello rappresentano già più di un milione di persone, quante ne contiene una provincia attuale o una città di notevoli dimensioni, quindi dispongono da sole delle risorse umane, culturali ed economiche per poter affrontare localmente la maggior parte dei problemi.

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5.c.18 – E’ necessario l’intervento di specialisti?

10 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

18-specialista-ridÈ necessario l’intervento di specialisti?

All’interno di un Villaggio vi è una notevole varietà culturale, essendo formato da oltre cento persone, e su ogni argomento ognuno cerca consiglio da chi ne sa di più. Quando i vari Clan inviano i loro rappresentanti all’assemblea del Villaggio devono tenere conto anche delle loro competenze tecniche riguardo agli argomenti da trattare. Non essendoci alcun motivo per mandare sempre lo stesso rappresentante, essi potranno cambiarlo anche in base all’ordine del giorno, oppure inviarne anche due o tre specializzati in campi diversi che si alterneranno durante la riunione in base al singolo argomento trattato.
Se questo modo di procedere non comporta alcun problema all’interno del Villaggio poiché in un Clan la scelta dell’esperto è immediata, passando a strutture più grandi le cose si complicherebbero. Negli anelli più interni infatti le assemblee sono formate da estranei che, se sostituiti continuamente, rimarrebbero tali, non vi sarebbe continuità nel lavoro e, peggio ancora, non potrebbero scegliere con competenza un rappresentante comune, compromettendo tutto il sistema.
D’altra parte lo scopo della struttura concentrica è proprio quello di sfruttare al meglio le risorse culturali di tutta la popolazione selezionando le idee migliori, quindi una preparazione specialistica è indispensabile. Pertanto, al fine di garantire stabilità ed efficacia al sistema, ogni Villaggio invierà al quarto anello un rappresentante stabile di coordinamento che manterrà i rapporti con gli altri Villaggi ed uno o più esperti che nel loro campo si confronteranno con i loro colleghi. Lo stesso sistema sarà applicato da tutti gli anelli successivi. Da un rappresentante singolo si passa quindi ad una squadra, che presumibilmente crescerà negli anelli più interni al crescere delle esigenze e della varietà dei temi da trattare. Questo consentirà inoltre di trattare contemporaneamente una serie di problemi diversi.

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5.c.19 – Come si forma il governo?

11 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

19-governo-ridCome si forma il Governo?

Giunti ai due ultimi anelli, come abbiamo detto, questi devono stabilire quali sono gli obiettivi politici a livello nazionale nella loro forma definitiva. Questo si traduce in leggi valide per tutta la comunità (a cura soprattutto dell’anello legislativo esterno) e direttive per l’organo esecutivo (a cura dell’anello legislativo interno). Per evidenziare tale importante funzione chiameremo tali anelli Centro Legislativo, in essi lavorano decine di squadre provenienti dall’anello precedente, ognuna dotata di specialisti di alto livello.
Tali esperti vengono scelti con il solito sistema dai colleghi dell’anello precedente, essi pertanto seguono un canale elettivo separato per ogni specialità. I legislatori in generale devono avere sia competenza tecnica del settore di cui si devono occupare, sia capacità di mediazione per collaborare con i colleghi dello stesso settore e con quelli della propria squadra. La capacità di mediazione è particolarmente importante per il ruolo di rappresentante coordinatore al quale oltretutto è affidata anche la tutela della coerenza con la volontà popolare relativa ai propri rappresentati.
Sorge a questo punto il problema di scegliere a chi affidare il compito di realizzare i programmi politici definiti dal Centro Legislativo, ovvero come formare l’organo esecutivo equivalente agli attuali governi. Anche in questo caso si tratta di compiti specializzati, quindi si dovrà formare una squadra che raccolga le competenze necessarie. Data l’affinità con le squadre presenti nella struttura concentrica appare immediato affidare loro con la solita procedura la scelta dei ministri di quello che chiameremo Centro Esecutivo. Così come vengono selezionati i membri delle squadre del Centro Legislativo, così saranno scelti i candidati alla carica di ministro. Tali candidati viste le funzioni che devono svolgere, dovranno presentare le seguenti qualità:
• competenza tecnica, quindi devono essere persone esperte del settore di cui si devono occupare
• competenza organizzativa, quindi devono essere persone esperte di gestione
• capacità di mediazione, quindi devono essere persone equilibrate, sagge, in grado di intercedere fra più parti in modo da raggiungere un accordo.
Ma quante persone presentano contemporaneamente le suddette qualità? Selezionare per ogni anello simili fenomeni può apparire assai difficoltoso, tuttavia per questi casi la natura ci ha fornito due fondamentali strategie molto efficaci: la specializzazione e la collaborazione. Per non rinunciare a nessuna delle suddette qualità e fare in modo che siano tutte presenti in ogni ministero possiamo stabilire che ogni gruppo del penultimo anello scelga una terna di persone in modo tale che ognuna di esse presenti una diversa qualità. Con questo criterio si formano dei gruppi specializzati, ben assortiti e snelli, formati da un ministro esperto di gestione e due assistenti (un tecnico ed un mediatore) che dovrebbero assicurare un alto grado di efficienza.
Al fine di ridurre il più possibile il rischio che, come accade oggi, nella scelta dei ministri si sovrappongano interessi diversi da quelli della Nazione, ci sembra opportuno introdurre un sistema di sorteggio per ogni terna: in tal modo per tutelare un interesse privato non si potrà cercare di favorire un candidato corrotto, ma si dovrà prima cercare di corromperli tutti, perché tutti possono essere sorteggiati, e ciò risulta ovviamente più difficile. Il sorteggio inoltre non presenta problemi per la competenza tecnica perché con il sistema concentrico risulteranno automaticamente tutti ultra-selezionati, e questo basta, poiché stiamo parlando di amministratori e non di campioni sportivi, essi devono essere preparati per fare il proprio lavoro e non per vincere delle competizioni. Se dunque il caso sorteggiasse la terna peggiore fra quelle presenti, essa sarà in grado comunque di fare un buon lavoro. E’ bene sottolineare che la carica di ministro è ricoperta da una sola persona, l’esperto di gestione, che si assume la totale responsabilità del proprio settore senza alcun alibi, egli risponde ai cittadini con la propria faccia. L’ufficio di gestione è invece costituito da una terna di persone, ma l’esperto tecnico e l’esperto in mediazione hanno una funzione prevalentemente consultiva o comunque subordinata.
Si ricordi infine che i ministri, benché oculatamente selezionati e quindi all’altezza dell’incarico ricevuto, potranno sempre avvalersi del lavoro effettuato nei vari anelli con riferimento alla loro materia di competenza e potranno farlo grazie alle moderne tecnologie che permettono la creazione di archivi informatici indicizzati, archivi consultabili in ogni momento, con grande facilità, con diverse logiche di interrogazione, ecc.

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5.c.20 – Come mantenere la separazione dei poteri?

12 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

20-separazione-ridCome mantenere la separazione dei poteri?

Per tutelare la democrazia mantenendo la separazione dei tre poteri fondamentali è necessario che nessuno, eccetto il primo anello, possa controllarli tutti e tre. Il Centro Legislativo è controllato direttamente dal terzultimo anello, tale anello dunque non dovrà avere alcuna autorità per interferire con l’operato dell’Organo Esecutivo o con l’Autorità Giudiziaria. Tale obiettivo può essere facilmente raggiunto considerando che a partire dal quarto anello ogni categoria di esperti elegge con la solita procedura gli esperti dell’anello successivo; ogni categoria dunque segue un percorso di elezioni separato dalle altre e lo stesso accadrà per quelle dell’esecutivo e per quelle giudiziarie. I percorsi di chi eserciterà le tre forme di autorità dello Stato allora saranno completamente separati come lo sono le rispettive funzioni. Per lo stesso motivo anche i contatti professionali fra autorità diverse dovranno essere limitati al minimo necessario e disciplinati da apposito regolamento.
È bene far notare che anche l’Autorità Giudiziaria deve essere amministrata e che essa non comprende solo i magistrati cosi come il Ministero della Sanità non comprende solo medici, ma anche infermieri, contabili, biologi, chimici e chissà quante altre categorie. Il Ministero della Giustizia non può essere considerato cosa separata dall’Autorità Giudiziaria, anche oggi si tratta infatti di un unico sistema finalizzato all’attività giudiziaria; ne segue che tale ministero, in cui i Giudici sono una componente fondamentale, ma pur sempre una componente, dovrà essere separato dal Governo al fine di mantenere la separazione dei poteri.

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5.c.21 – Sorgono nuovi problemi al crescere della popolazione?

13 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

21-popolazione-ridSorgono nuovi problemi al crescere della popolazione?

Il sistema concentrico è tale che ogni anello risulta strettamente controllato (e assistito) dal precedente. Tale sistema è un’estensione del villaggio moderno che può essere visto come una semplice struttura a due anelli. Dato che la democrazia del villaggio si basa sulla conoscenza diretta dei membri e sul numero ridottissimo dei partecipanti alle assemblee, può sorgere il dubbio se essa possa perdere le sue qualità applicando tale tipo di organizzazione a milioni di persone.
Esaminiamo dunque tali qualità e cerchiamo di vedere se esse si conservano al crescere del numero degli anelli:
• non sono necessarie costose campagne pubblicitarie per le elezioni
• non vi sono liste di candidati imposte dai partiti, quindi vi è piena libertà di voto
• tutti appartengono alla stessa struttura politica, quindi non servono più i partiti come organizzazioni politiche
• le singole attività possono essere decentrate o accentrate secondo le necessità con estrema facilità e flessibilità
• la struttura è in grado di stimolare e raccogliere la partecipazione politica di tutta la popolazione e con essa un’enorme quantità di risorse umane ed economiche che oggi sono inutilizzate. I cittadini partecipano alla definizione dei programmi politici e non sono costretti a scegliere i progetti altrui
• la semplicità del sistema garantisce le pari opportunità politiche e quindi facilita anche quelle di altro tipo (relative al mondo del lavoro, all’istruzione, alla sanità, ecc.)
• ognuno conosce direttamente i propri rappresentanti
• controllo diretto dei rappresentanti.
Possiamo notare che le prime sei caratteristiche si conservano senza difficoltà, in particolare la flessibilità e il migliore sfruttamento delle risorse dovrebbero addirittura rafforzarsi, mentre per le ultime due le cose vanno diversamente. In una grande struttura infatti ognuno conosce i rappresentanti dei primi quattro anelli, quelli informali, ma non quelli degli anelli istituzionali. Sebbene in ogni anello ognuno conosce e controlla il proprio rappresentante diretto, non possiamo ignorare il fatto che per il cittadino comune i rappresentanti istituzionali sono degli estranei e che su di essi non vi è alcuna influenza diretta.
Per quanto riguarda il controllo diretto le cose vanno ancora peggio, se un rappresentante del quarto anello istituzionale si comportasse molto male, il cittadino comune dovrebbe accordarsi con quelli del suo gruppo e richiedere al suo rappresentante diretto di sostituirlo, ripetendo l’operazione con il suo rappresentante e così via per sette anelli. Si tratta già di un processo che appare lungo, ma se un nostro rappresentante del terzo anello non accettasse una simile richiesta proveniente da un altro gruppo e che noi riteniamo giusta cosa faremo? Inizieremo un’analoga procedura per cacciare lui per aver salvato l’altro? Magari fino ad allora si era comportato sempre bene e ci sembrerebbe eccessivo; e se ciò avvenisse in un anello informale riusciremmo a destituire un conoscente perché volevamo condannare un estraneo? È evidente che, anello dopo anello, si formerebbe una sorta di barriera protettiva che renderebbe i rappresentanti sempre più indipendenti dall’autorità del primo anello man mano che si avvicinano al centro, e lo stesso varrebbe per gli amministratori.
L’esperienza insegna che se i cittadini non sono in grado di far rispettare la propria autorità, i loro interessi prima o poi verranno ignorati. Se dunque il sistema concentrico da una parte può funzionare egregiamente per raccogliere le idee e per perfezionare sia la soluzione dei problemi, sia il programma politico, dall’altra esso non è in grado di garantire il controllo del cittadino sui suoi rappresentanti al crescere della popolazione. Per quanto il nostro sistema presenti molti vantaggi rispetto a quello attuale, esiste il rischio che, come il sistema parlamentare, applicato con milioni di persone perda la capacità di essere democratico.
Per evitare un simile rischio dobbiamo integrare la nostra struttura democratica con sistemi di controllo adeguati, strumenti che permettano al primo anello di esercitare la propria autorità su tutti gli altri.

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   n. 49 – POSSIAMO GESTIRE LA NOSTRA CULTURA? 

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5.c.22 – E’ possibile un controllo diretto?

14 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

22-controllo-ridÈ possibile un controllo diretto?

In precedenza eravamo giunti alla conclusione che nel sistema attuale il controllo dei cittadini sui propri rappresentanti è di fatto praticamente nullo, mentre quello sui ministri e sui magistrati è inesistente non solo di fatto, ma anche formalmente, non avendo tali cariche la necessità di una legittimazione popolare diretta. Questo avviene per una serie di motivi, come per esempio la convinzione che i parlamentari siano veri rappresentanti e che di conseguenza possano, anzi debbano controllare per conto dei cittadini anche l’esecutivo, che i partiti abbiano l’onestà di non esercitare pressioni indebite sulla magistratura, ecc.. Tali problemi nel sistema concentrico semplicemente non esistono, tuttavia siamo giunti alla conclusione che non è sufficiente aver eliminato i vecchi problemi: i cittadini, quando lo ritengono necessario, devono avere gli strumenti adeguati per imporre la loro autorità, altrimenti la democrazia cessa di esistere. Si tratta di un requisito necessario per qualunque sistema voglia essere democratico.
A tal fine, nelle forme di governo indiretto basate sui rappresentanti, si prevede la possibilità che la popolazione operi un “ricambio politico”, ovvero sostituisca una serie di importanti personaggi politici che l’hanno delusa, che hanno tradito le sue aspettative o la sua fiducia. In linea di principio, anche con il sistema concentrico è possibile un ricambio politico, ma come sappiamo esso risulta troppo difficoltoso da realizzare e tanto più una cosa è difficile, tanto meno siamo liberi di farla. Abbiamo anche visto, in un esempio precedente, come un monarca che possa essere destituito di diritto dal suo popolo non è più un monarca, non essendo più l’autorità suprema.
L’esperienza dei sistemi parlamentari ci insegna che i cittadini hanno grosse difficoltà a riconoscere i rappresentanti validi, ma ne hanno molte meno per individuare quelli che tradiscono la loro fiducia. Con la nostra struttura abbiamo risolto il problema di selezionare dei validi rappresentanti, ma non quello di eliminare eventuali casi di errore del sistema. Ci sembra pertanto opportuno separare l’attività elettiva (operata indirettamente nella struttura) da quella destitutiva da affidare in modo diretto al primo anello. Osservando che gli anelli istituzionali sono al massimo sei, possiamo notare che ogni villaggio deve sorvegliare ed eventualmente espellere dall’attuale incarico al massimo sei persone. In realtà i seggi dei vari anelli non sono occupati da singole persone, ma da delle squadre, nelle quali però la tutela della volontà popolare è affidata al rappresentante coordinatore; sono quindi questi coordinatori che devono essere giudicati direttamente perché è a loro che è affidata la responsabilità più grande. Per quanto riguarda il resto della loro squadra, sarà giudicato dagli esperti interni al villaggio con la medesima procedura oppure, se complici del coordinatore seguiranno automaticamente il suo destino. Ma quale destino? Cosa deve accadere a chi viene rimosso dal suo incarico? Se è stato necessario l’intervento diretto del primo anello vuol dire che il nostro rappresentante si è macchiato di una grave colpa come aver volontariamente tradito la fiducia del gruppo che rappresenta oppure aver intenzionalmente agito contro l’interesse di tutta la collettività.
Riteniamo che tali comportamenti siano incompatibili con il ruolo di rappresentante, quindi tale individuo sarà rimosso e dichiarato non idoneo a ricoprirlo dall’insindacabile volontà popolare. In altre parole sarà tagliato fuori per sempre dall’attività politica. In casi meno gravi il rappresentante potrà essere rimosso e interdetto solo per quell’anello ed i successivi oppure sarà sospeso per un certo numero di anni. È evidente che il giudizio diretto dei cittadini si deve attivare solo in casi particolarmente gravi, mentre per sostituire chi semplicemente non è stato abbastanza bravo, si userà la struttura concentrica.
Lo strumento principale a garanzia della democrazia, la Verifica dell’idoneità che consente alla popolazione di far valere la sua autorità quando la struttura ad anelli non è sufficiente, sarà dunque simile ad un referendum che invece di abrogare delle leggi rimuoverà dei rappresentanti dal loro incarico. Concludiamo facendo notare che un simile sistema può essere usato solo se si ha a disposizione un efficace sistema di informazione ed un’adeguata preparazione culturale, problemi che abbiamo già affrontato nei precedenti capitoli. L’esperienza insegna che le votazioni dirette non sono democratiche se applicate alle grandi masse, ne segue che i referendum propositivi, abrogativi e le verifiche non devono essere considerati come strumenti per realizzare la democrazia, ma come strumenti per difenderla quando la procedura indiretta non funziona bene. Si tratta di sistemi di protezione in caso di emergenza e, quando si rende necessario il loro intervento, si deve immediatamente provvedere a riparare il guasto che si è verificato nel sistema indiretto con opportune riforme.

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Domenica 15 novembre 1309

15 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

 

Kämpferin Jeanne D´Arc mit Schwert und Plattenrüstung knieend

SI ALZINO GLI SGUARDI!

Oggi è festa nel Villaggio di Ofelon!

A nove mesi dalla fondazione del Villaggio di Ofelon
oltre cinquantamila “viandanti telematici”
hanno visitato il Villaggio.
vi aspettiamo tutti con piena cittadinanza, muniti del vostro avatar,
per ampliare sempre di più la nostra tavola rotonda
in cui vogliamo confrontarci su temi importanti,
ma sempre divertendoci insieme
e fino a raggiungere risultati concreti
per un effettivo, diffuso e percepito miglioramento
della qualità della nostra vita.

Ofelon per tutti
e tutti per Ofelon!

logo_ofelon_60_colore

 

5.c.23 – Come garantire il controllo sui tre poteri?

16 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

23-garanzia-ridCome garantire il controllo sui tre poteri?

Per esercitare il controllo sul Centro Legislativo è sufficiente applicarvi la Verifica come avviene per tutti gli altri anelli, ma per rendere le cose ancora più facili possiamo prevedere che il giudizio popolare si attivi automaticamente ogni due anni in modo che tutti sappiano di dover rendere conto del proprio operato al primo anello entro un breve tempo. È opportuno applicare un simile strumento al Centro Esecutivo e all’Autorità Giudiziaria? Riteniamo che forse è ancora più importante, poiché l’operato dell’esecutivo si riflette immediatamente nella vita quotidiana della popolazione, si pensi a un nuovo sistema di gestione delle visite medico-specialistiche presso gli ospedali pubblici che accorci sensibilmente i tempi di attesa, a un nuovo sistema di accesso alle lezioni universitarie che permetta di seguirle a chiunque lo voglia, a un nuovo sistema di attribuzione dei posti di lavoro presso gli enti pubblici che sia veloce e imparziale, ecc., esso quindi costituisce un punto cruciale del nostro sistema concentrico, quello che deve irradiare verso l’esterno il proprio operato con beneficio dell’intera popolazione. I ministri non devono pertanto essere subordinati a chi li ha nominati direttamente, ma devono rispondere direttamente al Popolo, il vero sovrano in una vera democrazia. Un discorso perfettamente analogo si può fare per l’Autorità Giudiziaria, da cui dipende la sicurezza e la fiducia che il cittadino deve riporre nello Stato.
Riteniamo più che opportuno, veramente necessario, che anche i vari ministri e il responsabile del Palazzo di Giustizia siano sottoposti a una verifica biennale. Abbiamo già detto come sia arduo esercitare i propri diritti democratici con un unico voto ed è pertanto logico che i cittadini confermino o meno i vari ministri con voti separati: perché sciogliere un intero Governo quando sono solo i Ministri della Difesa e dell’Istruzione a non essere validi? E perché mantenere dei Ministri della Difesa e dell’Istruzione inefficienti per non sciogliere l’intero Governo? Votare separatamente i vari ministri risolve il problema.
Nella nostra struttura democratica, basata su un sistema concentrico in cui viene coinvolta tutta la popolazione, sebbene con diverse funzioni e con diverso impegno, abbiamo visto come sia indispensabile un’elasticità che permetta continue aggregazioni al primo anello e conseguentemente continue riorganizzazioni dei gruppi ai livelli successivi. Non possiamo però dimenticare anche l’esigenza di dare un tempo minimo ai membri degli organi centrali, sia Legislatori che Amministratori (del Centro Esecutivo e del Palazzo di Giustizia), per poter esprimere in modo compiuto il proprio operato mediante una continuità di indirizzo.
Per contemperare le suddette esigenze, possiamo stabilire che rimanga la massima elasticità per la formazione dei gruppi dei vari anelli (attraverso la semplice manifestazione di volontà da esprimere mediante l’apposito software istituzionale), mentre i Legislatori e gli Amministratori, una volta nominati, non potranno essere sostituiti rispettivamente dall’anello o dalla Sezione di provenienza per un periodo di quattro anni.
Tuttavia, certi di un quadriennio di potere, i Legislatori e gli Amministratori potrebbero approfittarne per trarne dei vantaggi personali o, peggio, per sfruttare il sistema concentrico al contrario, in modo cioè da irradiare verso l’esterno un sistema generalizzato di corruzione che consolidi la loro permanenza al potere. Ecco che una verifica popolare ogni due anni si inserisce perfettamente nel sistema: dopo essere stati eletti a qualunque incarico, tutti i nostri alti funzionari devono comunque rendere conto al primo anello; al fine di evitare di essere destituiti a metà mandato essi dovranno necessariamente tener conto delle aspettative della popolazione. Dopo la prima verifica essi dovranno fare altrettanto se vorranno rimanere in politica.
Come ulteriore misura di sicurezza, al fine di evitare che in modo occulto essi possano consolidare nel tempo un sistema di potere privato basato sulla loro carica politica, possiamo anche stabilire che gli incarichi di Legislatore e di Amministratore non siano rinnovabili; potranno dunque continuare a svolgere incarichi solo negli anelli più esterni.

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PETER DRUCKER 

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5.c.24 – Il concetto di verifica integra quello di elezione?

17 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

24-verifica-ridIl concetto di verifica integra quello di elezione?

Negli attuali sistemi politici, quando il popolo viene chiamato alle urne, si parla giustamente di competizione elettorale; ci sono più candidati per il medesimo posto e ognuno deve gareggiare per primeggiare sugli altri. Ecco allora che in un sistema basato sulla propaganda ci sarà un continuo rilancio agli effetti speciali: discorsi preparati da staff di esperti in comunicazione, in statistica e in psicologia, spot realizzati dai migliori registi, sceneggiatori, truccatori e musicisti, convention in enormi stadi con majorette, schermi giganti, esibizioni di star, fuochi di artificio, ecc., ma chi paga le centinaia di milioni di euro necessari? Abbiamo visto che i finanziatori non mancano, ma sono quei gruppi di potere economico che poi inevitabilmente richiederanno e otterranno dagli eletti ciò che serve a rafforzare la propria posizione dominante.
Con la struttura democratica abbiamo già risolto questo problema poiché si diventa Legislatori e Amministratori con un sistema concentrico di nomine che non prevede alcuna campagna elettorale, mentre con il sistema della Verifica popolare superiamo quella barriera protettiva che si forma con l’accumularsi degli anelli.
Si noti che c’è una grande differenza fra un’elezione e una conferma; in un’elezione bisogna competere contro altri pretendenti (in modo più o meno corretto), in una conferma si deve competere solo con sé stessi e l’unico modo per vincere è quello di realizzare i risultati che la popolazione si aspetta. In caso di destituzione ovviamente si affiderà l’incarico ad un’altra persona con il solito sistema. Mentre ora, per cercare di essere rieletto, un rappresentante deve sdebitarsi con chi lo ha sostenuto e comunque ciò non gli garantisce un rinnovo dell’incarico, con il nuovo sistema egli deve necessariamente tener conto delle esigenze della popolazione e questo gli garantirà di conservare il posto fino a fine mandato, nonché la possibilità di continuare a ricoprire ruoli politici negli anelli più esterni. Ne segue che nel caso si formino interessi contrastanti, prevarranno sempre quelli dei cittadini. Le elezioni tuttavia rimangono certo necessarie, ma nella nostra struttura sono molto più affidabili e, attraverso la Verifica, anche suscettibili di correzioni dirette e specifiche.

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GIANFRANCO FUNARI

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5.c.25 – Possiamo riassumere tutto in uno schema?

18 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

 

25-schema-rid

Possiamo riassumere tutto in uno schema?

E’ giunto il momento di tirare le fila di quanto detto nel presente capitolo e di schematizzare la nuova struttura democratica prendendo come esempio concreto un paese occidentale i cui dati ufficiali ci dicono che alle ultime elezioni aveva 47.126.326 elettori.

 

 

 

ANELLI  INFORMALI

 

 

 

PRIMO ANELLO

(Gruppi)

 

 

 

 

 

 

 

      47.126.326

 

Adulti che si riuniscono in Gruppi da 5 a 9 membri

 

 

 

 

 

                    7

 

Membri che mediamente formano un Gruppo e che nominano un Fiduciario

 

 

 

 

 

       6.732.332

 

Gruppi che rappresentano mediamente 7 persone

 

 

 

che devono esprimere i propri disagi ai rispettivi Fiduciari

 

 

 

 

SECONDO ANELLO

(Clan)

 

 

 

 

 

 

 

       6.732.332

 

Fiduciari che si riuniscono in Clan da 3 a 5 membri

 

 

 

 

 

                    4

 

Membri che mediamente formano un Clan e che nominano un Fiduciario

 

 

 

 

 

       1.683.083

 

Clan che rappresentano mediamente 28 persone

 

 

 

che devono elencare i problemi ritenuti causa dei disagi avvertiti dal

 

 

 

primo anello ai rispettivi Fiduciari

 

 

 

 

TERZO ANELLO

(Villaggi)

 

 

 

 

 

 

 

       1.683.083

 

Fiduciari che si riuniscono in Villaggi da 5 a 7 membri

 

 

 

 

 

                    6

 

Membri che mediamente formano un Villaggio,

 

 

 

nominano una Squadra di esperti scegliendo negli anelli più esterni

 

 

 

e nominano un Delegato che coordina la Squadra di esperti

 

 

 

da inviare al quarto anello

 

 

 

 

 

          280.514

 

Villaggi che rappresentano mediamente 168 persone

 

 

 

che devono inquadrare i problemi da affidare ai rispettivi Delegati

 

 

 

 

QUARTO ANELLO (Alleanze)

 

 

 

 

 

 

 

280.514

 

Squadre che si riuniscono in Alleanze da 7 a 13 villaggi mediante i Delegati

 

 

 

 

 

                  10

 

Delegati che mediamente formano una Alleanza,

 

 

 

nominano una Squadra di esperti scegliendo negli anelli più esterni

 

 

 

e nominano un Delegato che coordina la Squadra di esperti

 

 

 

da inviare al quinto anello

 

 

 

 

 

            28.052

 

Alleanze che rappresentano mediamente 1.680 persone e

 

 

 

che devono selezionare i problemi da presentare in ordine di priorità

 

 

 

ai rispettivi Delegati

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANELLI  ISTITUZIONALI

 

 

 

 

QUINTO ANELLO

(Borghi)

 

 

 

 

 

 

 

            28.052

 

Squadre che si riuniscono in Borghi da 7 a 13 Alleanze mediante i Delegati

 

 

 

 

 

                  10

 

Delegati che mediamente formano un Borgo,

 

 

 

nominano una Squadra di esperti scegliendo negli anelli più esterni

 

 

 

e nominano un Delegato che coordina la Squadra di esperti

 

 

 

da inviare al sesto anello

 

 

 

 

 

              2.805

 

Borghi che rappresentano mediamente 16.800 persone e

 

 

 

che devono studiare le soluzioni ai problemi, applicare tali soluzioni

 

 

 

ai problemi locali e presentare ai rispettivi Delegati le ipotesi di soluzione

 

 

 

ai problemi collettivi

 

 

 

 

SESTO ANELLO (Contrade)

 

 

 

 

 

 

 

              2.805

 

Squadre che si riuniscono in Contrade da 7 a 13 Borghi mediante i Delegati

 

 

 

 

 

                  10

 

Delegati che mediamente formano una Contrada,

 

 

 

nominano una Squadra di esperti scegliendo negli anelli più esterni

 

 

 

e nominano un Delegato che coordina la Squadra di esperti

 

 

 

da inviare al settimo anello

 

 

 

 

 

                  280

 

Contrade che rappresentano mediamente 168.000 persone e

 

 

 

che devono affinare e concertare le ipotesi di soluzione provenienti dal

 

 

 

quinto anello, applicare tali soluzioni ai problemi di propria competenza

 

 

 

territoriale e presentare ai rispettivi Delegati le ipotesi di soluzione

 

 

 

ai problemi di più vasta portata

 

 

 

 

SETTIMO ANELLO (Province)

 

 

 

 

 

 

 

280

 

Squadre che si riuniscono in Province da 7 a 13 Contrade mediante i Delegati

 

 

 

 

 

10

 

Contrade che mediamente formano una Provincia,

 

 

 

nominano una Squadra di esperti scegliendo negli anelli più esterni

 

 

 

e nominano una Squadra di 10 Legislatori con diverse e prestabilite competenze

 

 

 

da inviare al Centro Legislativo Esterno

 

 

 

 

 

28

 

Province che rappresentano mediamente 1.680.000 persone e

 

 

 

che devono affinare e concertare le ipotesi di soluzione provenienti dal sesto

 

 

 

anello, applicare tali soluzioni ai problemi provinciali

 

 

 

e presentare ai rispettivi Legislatori le ipotesi di soluzione ai problemi

 

 

 

a carattere regionale e nazionale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANELLI CENTRALI

 

 

 

 

CENTRO LEGISLATIVO ESTERNO (Regioni)

 

 

 

 

 

 

 

              28

 

Squadre che si riuniscono in Regioni da 7 Province

 

 

 

 

 

10

 

Legislatori per ogni squadra con diverse e prestabilite competenze tematiche

 

 

 

 

 

280

 

Legislatori suddivisi in Sezioni Legislative tematiche da 28 membri

 

 

 

a loro volta suddivise in 4 gruppi regionali

 

 

 

 

 

                  7

 

Province che formano le Regioni

 

 

 

 

 

                  4

 

Regioni che mediamente rappresentano 11.760.000  persone e

 

 

 

che devono affinare e concertare le ipotesi di soluzione provenienti dal

 

 

 

settimo anello, applicare tali soluzioni ai problemi regionali

 

 

 

e formulare le proposte di legge con efficacia nazionale al Centro Legislativo

 

 

 

Interno a cui inviano la propria Squadra

 

 

 

 

CENTRO LEGISLATIVO INTERNO (Nazione)

 

 

 

 

 

 

 

                  4

 

Squadre di Legislatori che rappresentano tutta la Nazione

 

 

 

 

 

                10

 

Legislatori per ogni squadra con diverse e prestabilite competenze tematiche

 

 

 

 

 

40

 

Legislatori suddivisi in Sezioni Legislative tematiche da 4 membri

 

 

 

 

 

                    1

 

Camera che rappresenta l’intera popolazione nazionale che deve coordinare

 

 

 

il lavoro dell’anello precedente al fine di raggiungere un accordo sulle proposte

 

 

 

di legge provenienti dal Centro Legislativo Esterno, applicare le soluzioni scelte

 

 

 

ai problemi nazionali e  tenere i rapporti con il Centro Esecutivo

 

 

 

  

  

 

 

 

CENTRO ESECUTIVO   

 

 

 

 

 

 

 

 10

 

Ministeri con diverse competenze tematiche

 

 

 

 

 

10

 

Ministri sorteggiati fra i 280 Legislatori del Centro Legislativo Esterno

 

 

 

 

 

10

 

Coppie di Tecnici e Mediatori a fini consultivi (una per Ministero)

 

 

 

anch’essi sorteggiati con il medesimo sistema

 

 

 

 

PALAZZO DI GIUSTIZIA

 

 

 

 

 

 

 

1

 

Ente autonomo dal Centro Legislativo e dal Centro Esecutivo

 

 

 

 

 

1

 

Responsabile sorteggiato fra i 28 membri della Sezione Legislativa Giustizia

 

 

 

del Centro Legislativo Esterno

 

 

 

 

 

4

 

Coppie di Tecnici e Mediatori scelte una per regione a fini consultivi

 

 

 

anch’essi sorteggiati con il medesimo sistema

 

 

 

 

LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

                    4

 

Anni di incarico per i Legislatori e per gli Amministratori

 

 

 

che non possono essere destituiti dall’anello che li ha nominati

 

 

 

 

VERIFICHE INTERMEDIE

 

 

 

 

 

 

 

                    1

 

dopo due anni di legislatura

 

 

 

con cui la totalità della popolazione adulta vota per confermare o rimuovere

 

 

 

i singoli ministri, il Responsabile del Palazzo di Giustizia

 

 

 

e le singole Sezioni Legislative tematiche

 

            Si può aggiungere che in questo sistema sia le preferenze per la scelta del rappresentante, sia i voti di fiducia delle verifiche intermedie sono palesi; ognuno può controllare sul software istituzionale se la sua posizione rispecchia la propria manifestazione di volontà e quindi si risolve definitivamente il problema dei brogli elettorali. Si noti inoltre che i partiti politici non hanno più ragione di esistere e che con essi vengono meno i referenti dei poteri economici, i quali dovranno iniziare a contare sulle proprie capacità imprenditoriali piuttosto che sulla corruzione. E’ infine evidente come ogni cittadino, una volta giunto al terzo anello grazie alla fiducia dei propri familiari e amici intimi, con soli cinque passaggi può ambire alla carica di Legislatore.

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5.c.26 – Quanto costa la struttura democratica?

19 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

26-costo-rid

Quanto costa la struttura democratica?

Quando la struttura democratica risulterà applicabile, essa non avrà prezzo; qualunque costo si dovesse sostenere per realizzarla sarebbe ben speso; rappresenterebbe infatti un ottimo investimento, produttivo degli enormi ritorni che solo una vera democrazia può dare. Tuttavia possiamo anche fare due conti: il nostro Paese campione, per un Parlamento composto da 952 membri, nel 2007 ha sostenuto i seguenti costi per spese correnti (valori espressi in Euro):

SPESA

 

IMPORTO IN EURO

 

 

COMPENSI AI PARLAMENTARI

             245.963.000,00

EROGAZIONI AGLI EX PARLAMENTARI

             209.950.000,00

PERSONALE DIPENDENTE

             482.510.000,00

EROGAZIONI AGLI EX DIPENDENTI

             167.505.000,00

ONERI PREVIDENZIALI

               22.785.711,00

LOCAZIONE IMMOBILI

               44.215.000,00

MANUTENZIONE ORDINARIA

               18.999.000,00

SERVIZI DI PULIZIA

               12.305.000,00

UTENZE ACQUA, LUCE, GAS

                 4.620.000,00

UTENZE TELEFONICHE

                 3.080.000,00

SPESE POSTALI

                 1.000.000,00

MATERIALI DI CONSUMO

                 8.967.500,00

STAMPA ATTI PARLAMENTARI

                 8.870.000,00

ALTRE SPESE DI STAMPA

                 1.453.000,00

SPESE DI TRASPORTO

               20.296.000,00

 

SERVIZI PERSONALE NON DIPENDENTE

               44.772.000,00

AGGIORNAMENTI PROFESSIONALI

                 1.780.000,00

STUDI E RICERCHE

                 3.071.000,00

ALTRI STUDI

                   600.000,00

ASSICURAZIONI

                 6.114.000,00

INFORMAZIONE ESTERNA

               15.068.000,00

SERVIZI INFORMATICI

                 8.224.000,00

RISTORAZIONE

                 2.779.000,00

BENI, SERVIZI E SPESE DIVERSE

               60.095.000,00

CONSULENZE

                   100.000,00

CONTRIBUTI AI GRUPPI PARLAMENTARI

               73.730.000,00

CONTRIBUTI AD ORGANISMI INTERNAZIONALI

                   510.000,00

BORSE DI STUDIO

                   255.000,00

CONTRIBUTI VARI

                 2.696.000,00

SPESE VERIFICA RISULTATI ELETTORALI

                 1.060.000,00

COMMISSIONE DI INCHIESTA CRIMINALITA’

                   300.000,00

COMMISSIONE DI INCHIESTA RIFIUTI

                     75.000,00

COMMISSIONE DI INCHIESTA SANITA’

                     40.000,00

ALTRE COMMISSIONI DI INCHIESTA

                 1.200.000,00

COMMISSIONI, GIUNTE E COMITATI

                 2.670.000,00

COMMISSIONI BICAMERALI

                   745.000,00

VIGILANZA SERVIZI RADIOTELEVISIVI

                   285.000,00

PROCEDIMENTI D’ACCUSA

                       5.000,00

ATTIVITA’ INTERNAZIONALI

                 4.283.000,00

SPESE PER IL CERIMONIALE

                 4.400.000,00

TRANSAZIONI

                   900.000,00

SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO

                   920.000,00

IMPOSTE E TASSE

               60.385.000,00

RESTITUZIONE DI SOMME

                     80.000,00

SPESE IMPREVISTE

               19.964.289,00

SPESE IN CONTO CAPITALE

               48.955.000,00

 

 

TOTALE

1.618.580.500,00           

 

Dai bilanci del Parlamento in oggetto risultano anche delle spese in conto capitale (cioè delle spese che non esauriscono la loro utilità nell’anno in cui sono state sostenute, come per esempio gli impianti elettrici, i mobili, ecc.). Per l’anno 2007 tali spese ammontano ad Euro 48.955.000,00, ma secondo corretti principi contabili, proprio perché riferite a beni ad utilità pluriennale, esse dovrebbero essere imputate solo in parte; per esempio, se si stima che le attrezzature potranno essere utilizzate per cinque anni, la spesa corrispondente deve essere imputata per il 20% in ogni anno. Come mai questa fondamentale tecnica contabile, definita ammortamento, non viene applicata nel bilancio del Parlamento? Perché per qualche sconosciuta legge fisica, quelli che normalmente sono beni durevoli, dentro il Parlamento si usurano oltre misura e non durano a lungo, tanto è vero che ogni anno si spende una somma simile a quella dell’anno precedente. Le suddette spese allora, ancorché denominate “in conto capitale”, devono di fatto essere considerate delle spese correnti.
Anche senza voler economizzare sulle suddette spese (ma su 1.290.000,00 euro per il vestiario di servizio di un solo anno forse si potrebbe fare qualcosa), bisogna ricordare che nel nostro modello concentrico i Legislatori sono molti di meno degli attuali 952 parlamentari e quindi, rapportando il suddetto totale ai 40 membri del Centro Legislativo Interno, si ottiene un risparmio di Euro 1.550.572.915,00. Se a questa somma aggiungiamo quella di Euro 200.819.044,00, che è stata destinata ai partiti politici a titolo di rimborso per spese elettorali, otteniamo un risparmio complessivo pari ad Euro 1.751.391.960,00.
Impiegando tale somma per dare una retribuzione ai rappresentanti degli anelli istituzionali, si potrebbe ottenere la seguente ripartizione:

Livello

 Numero

 Compenso mensile

 Compensi annuali

 

persone

 pro capite

 per anello

Squadre del quinto anello

(4 membri)

         112.208

                 850,00

  1.144.521.600,00


Squadre del sesto anello

(6 membri)

          16.830

               2.000,00

     403.920.000,00


Squadre del settimo anello

(10 membri)

            2.800

               5.000,00

     168.000.000,00

Legislatori esterni

               280

             10.000,00

       33.600.000,00

 

 

 

 

TOTALE SPESA ANNUA

 

 

  1.750.041.600,00

Si tratta solo di un esercizio contabile, tuttavia esso dimostra che senza aggiungere un euro a quanto già si spende correntemente, la struttura democratica sarebbe finanziariamente sostenibile.
Bisogna infine notare come in una struttura democratica non bisogna più pagare delle imposte, ma delle quote associative; la differenza non è solo lessicale, ma anche sostanziale: le imposte (non è un caso che si chiamino così) sono tributi ingiunti dall’alto ai sudditi, le quote associative sono invece contribuzioni condivise fra pari per il sostenimento delle spese di comune interesse. Non avrà più importanza l’entità della contribuzione, ma la soddisfazione conseguente all’erogazione dei servizi pubblici; nel privato, tutti noi abbiamo sostenuto una spesa sopra la media per un dato bene (un paio di scarpe, un telefonino, un’automobile) in quanto fortemente desiderato e poi, con compiacimento, abbiamo esclamato: sono proprio soldi spesi bene! Con la struttura democratica può realizzarsi lo stesso fenomeno, perché siamo ancora una volta noi a decidere quanto spendere e in che cosa.

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5.c.27 – Come deve essere il flusso del denaro?

20 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

27-flusso-ridCome deve essere il flusso del denaro?

Quando si crea un’associazione è per raggiungere un comune obiettivo e trarne un comune vantaggio; accettiamo tranquillamente di contribuire economicamente alle spese che noi stessi abbiamo stabilito per la realizzazione degli obiettivi che noi stessi abbiamo scelto, non potrebbe essere altrimenti. Quando un’associazione decide di unirsi ad altre associazioni analoghe o complementari, lo fa per sfruttare un’economia di scala e tale unione verrà gestita mediante dei rappresentanti; alle singole associazioni risulterà normale di dover contribuire economicamente alla nuova struttura e ciò avverrà secondo le condivise necessità della stessa. Crescendo nel territorio l’associazione probabilmente si articolerà in strutture sempre più ampie che raggruppano quelle locali replicando sempre lo stesso modello. Ipotizzando un’associazione a tre livelli (locale, regionale e nazionale) e dovendo stabilire il flusso dei finanziamenti necessari per le varie esigenze, a nessuno verrebbe in mente di delegare il consiglio nazionale o regionale per valutare le necessità locali, determinare i finanziamenti necessari e riscuotere le somme occorrenti per poi riversarle ai vari enti locali che sosterranno le spese; non verrebbe in mente a nessuno semplicemente perché non ha senso: nessuno meglio dei locali conosce le esigenze degli stessi e le risorse a disposizione, perché delegare a un organo più distante? Quanta contorta burocrazia in più comunque servirebbe? E’ inoltre scontato che qualora l’associazione locale non fosse soddisfatta dei risultati raggiunti dall’unione regionale o nazionale, essa si dissocerebbe, essendo venuti meno i presupposti dell’unione.
Perché allora il sistema tributario nazionale funziona da sempre in questo modo? La risposta è semplice: il prelievo fiscale, fino a un tempo assai recente, era imposto dal monarca con il suo potere sovrano per mantenere la propria struttura (palazzi, cortigiani, servitori, armi, soldati, ecc.), non certo per finanziare servizi per il popolo. Quando vennero deposti i re, non si crearono mai delle vere democrazie, alla classe nobiliare si sostituì un’altra classe dominante che ereditò il comodissimo sistema tributario ancora oggi applicato. Quando si pensò di dividere i poteri legislativo, amministrativo e giudiziario per le ragioni che abbiamo precedentemente esaminato, se ne trascurò uno ancor più importante: il potere economico. E’ con il potere economico che si comanda, che si possono organizzare leggi e sentenze di comodo; è a chi detiene la cassa che bisogna rivolgersi con devozione per ottenere una qualche benevola elargizione, ancorché la cassa sia continuamente e lautamente rimpinguata da coloro stessi che si trovano a chiedere.
Si noti che il potere economico centralizzato ostacola anche ogni tentativo di ricambio politico che parta dagli enti più vicini alla popolazione e quindi teoricamente più fattibili. Quando con libere elezioni si eleggono nuovi rappresentanti locali, magari organizzati in una nuova lista civica, e si espugna un Municipio male amministrato dalle diramazioni dei partiti politici presenti a livello nazionale, regionale e provinciale, che cosa succede? Se i nuovi rappresentati si sottometteranno al sistema di vassallaggio, subiranno le medesime influenze della precedente amministrazione, la popolazione non vedrà alcun concreto beneficio rispetto a prima e perderà ogni speranza di poter cambiare qualcosa, rassegnandosi al proprio ruolo di sudditanza; se i nuovi rappresentati rimarranno fedeli ai principi per cui sono stati eletti, essi rimarranno invisi al potere centrale e dallo stesso penalizzati con scarse elargizioni di denaro da impiegare nelle opere locali; pertanto la popolazione locale, peraltro spesso ignara di questo sistema di gestione delle risorse finanziarie, non vedrà i risultati sperati, considererà i rappresentanti della lista civica ancor più inadeguati dei precedenti e tornerà al passato dal quale era fuggita.
Si può pertanto concludere che nessuna vera democrazia si può realmente concretizzare se il sistema non lascia il controllo delle risorse economiche laddove vengono prodotte; si noti peraltro che aggregazioni più ampie (rispetto a quelle delle comunità cittadine) sono convenienti a livello commerciale, produttivo, lavorativo, culturale, militare, ecc. e verranno create e finanziate con tutta la solidarietà possibile proprio perché liberamente scelte e di comune utilità.

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5.c.28 – Abbiamo raggiunto gli obiettivi?

21 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

28-centro-ridAbbiamo raggiunto gli obiettivi?

Controlliamo insieme se il sistema appena progettato soddisfa le esigenze di partenza che ci siamo posti:
• la struttura democratica pone tutti i cittadini adulti sul primo anello e conferisce loro pari opportunità: chiunque, con soli sette passaggi, può assumere la carica di Legislatore
• la struttura si basa su un sistema concentrico di piccoli gruppi in cui gli oratori abili, ma disonesti non possono essere avvantaggiati
• i cittadini che non vogliono o non possono assumere incarichi politici nei diversi anelli possono comunque confidare nella conoscenza diretta dei propri rappresentanti (presumibilmente almeno fino al quarto anello); dato che i rappresentanti del terzo anello hanno rapporti diretti almeno fino al quinto, ogni cittadino può rapportarsi con un Legislatore con due sole mediazioni
• il Centro Esecutivo, formatosi con il sistema concentrico, è una forma di autogoverno che naturalmente seguirà la volontà popolare; in ogni caso è al popolo che deve rispondere del proprio operato in occasione delle verifiche di conferma in carica
• il sistema delle verifiche di conferma a metà mandato, permette un efficace controllo dei rappresentanti
• per quanto sopra esposto si può affermare che l’insieme dei cittadini costituisce la massima autorità
• i cittadini che oggi si astengono dal voto, che nel Paese preso ad esempio superano il 19% della popolazione, spesso scoraggiati e rassegnati, possono trovare nel nuovo sistema nuovi interessi e nuovi entusiasmi, apportando il loro contributo nella selezione delle idee migliori.
In base ai suddetti riscontri possiamo dunque affermare che la struttura democratica, così come progettata, realizza un vero sistema democratico, ma ricordiamo ancora una volta che si tratta di test di laboratorio, i quali per quanto accurati, dovranno poi essere sperimentati per essere considerati veramente validi. La nostra struttura democratica probabilmente non è perfetta nella forma attuale e dovrà essere perfezionata nel tempo in base all’esperienza accumulata, ogni democrazia del resto deve essere in grado di migliorarsi. È importante notare che anche chi non apprezza il nostro sistema avrà la possibilità di cambiarlo partecipandovi, quale altro sistema politico conoscete con questa caratteristica?

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5.c.29 – Da dove cominciare?

22 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

29-inizio-ridDa dove cominciare?

Facendo tesoro dell’intero percorso di riflessioni che abbiamo effettuato, è opportuno ricordare che:
• le novità che incrinano il nostro sistema di credenze, che disorientano cioè la nostra mappa mentale, vengono inconsciamente rifiutate
• la sindrome della gleba e la tendenza naturale ad affidarsi a un capo ci fanno rimanere inerti nell’attesa che qualcun altro risolva i nostri problemi
• se ci poniamo degli obiettivi fuori dalla nostra portata, ben presto ci accorgeremo di non aver ottenuto alcun risultato e la conseguente demoralizzazione sarà tanto più grande quanto maggiore sarà stato l’impegno vanamente profuso
• la vita sempre più frenetica rende sempre più scarso il tempo a disposizione
• i valori umani, per essere veramente tali, vanno messi in pratica nella vita quotidiana.
Da queste osservazioni si potrebbe pensare che la realizzazione della democrazia concentrica sia impossibile, ma dobbiamo anche rammentare che:
• le novità, per quanto stravolgenti, vengono accettate in misura direttamente proporzionale al crescere dei disagi generalmente avvertiti
• la democrazia concentrica non ha la presunzione di coinvolgere l’intera popolazione, ma solo il 5 % della stessa, cioè coloro che già riconosciamo come leader nell’ambito familiare e nella cerchia delle amicizie e delle conoscenze
• la realizzazione di un villaggio moderno, nell’ambito di parenti o amici con cui si condividono diverse affinità, permette risultati a breve scadenza con conseguente gratificazione
• la partecipazione a un villaggio moderno sviluppa immediate sinergie che portano anche ad un risparmio di tempo
• il valore della vera democrazia viene concretizzato e fatto proprio con la partecipazione ad un villaggio moderno.
Parallelamente all’esperienza dei villaggi moderni, la sperimentazione della struttura democratica potrebbe essere effettuata in gruppi già esistenti, ma che non dispongono di un efficiente sistema di vera rappresentatività. Il perfetto banco di prova per il nuovo modello di democrazia è pertanto costituito dai sindacati dei lavoratori, questi infatti, pur essendo costituiti per rappresentare gli interessi di una data categoria, non sono mai riusciti a svolgere compiutamente il proprio ruolo proprio per carenza di democrazia e quindi di rappresentatività; prova ne sia che all’interno di una stessa categoria di lavoratori si formano diversi sindacati in concorrenza e in contrasto fra loro nella generale disaffezione e demoralizzazione dei lavoratori stessi; è peraltro singolare che gli iscritti al sindacato, quando non si sentono adeguatamente rappresentati dai propri delegati, non trovino niente di meglio che organizzare proteste di dissenso verso coloro che dovrebbero essere dei loro subordinati e magari arrivano a costituire un nuovo sindacato. E’ evidente che se si trattasse di organizzazioni democratiche tali rappresentanti sarebbero immediatamente rimossi.
Se i lavoratori, non solo i dipendenti, ma anche i professionisti, gli artigiani e i commercianti, riuscissero a creare dei sindacati e delle associazioni di categoria strutturate secondo le regole della democrazia concentrica, godrebbero immediatamente di grandi benefici nella loro vita lavorativa, si sentirebbero finalmente tutelati da un sistema efficiente (non da persone perfette che non si trovano semplicemente perché non esistono) e gradualmente estenderebbero tale sistema anche ad ambiti più ampi.
Si noti che tale sperimentazione potrebbe essere effettuata in modo parallelo nelle varie categorie lavorative, rendendo fattibile la sperimentazione stessa e riducendone molto i tempi.

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5.c.30 – Siamo arrivati alla fine oppure è un inizio?

23 Novembre 2009 — Riccardo Sabellotti - Giacinto Sabellotti

30-fine-ridSiamo arrivati alla fine oppure è un inizio?

Eccoci qua, dopo diverse salite e parecchie buche, siamo giunti alla fine del nostro percorso di riflessioni che, a ben guardare, ha rappresentato una sorta di corso di autoformazione. Un simile cammino può essere percorso solo da un piccolo e affiatato gruppo, magari ridotto a soli due individui, ma mai singolarmente e mai in troppe persone, anche se nulla vieta che tanti piccoli gruppi, gruppi a dimensione umana, possano procedere fianco a fianco.
Durante tale percorso abbiamo imparato che stiamo tutti sulla stessa barca e che quindi dobbiamo remare tutti nella stessa direzione, ma abbiamo anche capito come interpretare la nostra mappa mentale e come orizzontarci con la nostra bussola dei valori per superare le insidie della navigazione. Abbiamo dunque disegnato nuove rotte, da percorrere con diverse imbarcazioni che potranno aumentare di numero a ogni porto, fino a costituire una grande flotta.
Per l’ultima volta ricordiamo che ogni nuova idea deve essere sottoposta alla prova dei fatti per essere considerata valida, qui termina allora il nostro percorso teorico ed inizia quello sperimentale i cui risultati saranno la base di nuove riflessioni.
Allora, capitani coraggiosi, siamo pronti a organizzare il nostro piccolo equipaggio e a prendere finalmente in mano il timone della nostra vita?
Forza ragazzi, che non stiamo per salpare verso l’ignoto, ma stiamo iniziando una bellissima crociera, sciogliamo le ultime gomene che ci legano al palo e… avanti tutta!

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