Il ventesimo secolo ci ha abituato a rapidi cambiamenti della società, il ventunesimo non sembra essere da meno. Un mondo che cambia vuol dire nuove abitudini, nuove opportunità ma anche nuovi problemi. Come affrontare i nuovi problemi? A tal fine ci sono cose che tutti dovrebbero sapere, molte di queste ci vengono insegnate alla scuola dell’obbligo, le altre vanno aggiunte successivamente. Per affrontare i nuovi problemi, spesso non servono conoscenze avanzate ma solo pochi concetti fondamentali da aggiungere a quelli della scuola elementare. Riteniamo che fra questi concetti ci siano quelli alla base delle scienze economiche, per questo abbiamo pensato a dei corsi elementari di economia.
Questo è il primo corso, pensato per chi, giovane o meno giovane, si sente completamente digiuno in materia. Sebbene si tratti di un campo molto vasto, basta poco per cessare di considerarla un qualcosa di misterioso e ostile. Si dice che un viaggio di mille miglia comincia con un passo, qui troverete i primi passi verso la conoscenza dell’economia, non ci resta che augurarvi buon viaggio!
Economia è un termine con varie accezioni strettamente collegate fra loro:
economia = risparmio
economia = buona gestione dei beni
economia = scienza che studia la buona gestione dei beni.
In caso di possibili ambiguità, è bene parlare rispettivamente di risparmio, di gestione dei beni e di scienza economica (o scienza dell’economia).
Le ultime due di queste definizioni sono particolarmente importanti ed entrambe si basano su tre parole: buona, beni e gestione.
Bene = tutto ciò che è idoneo a soddisfare un bisogno
Gestione = seguire, dirigere, curare un’attività
Buona = di qualità, di valore, utile, efficace, opportuna, idonea
Cosa vuol dire allora una buona gestione dei beni?
Etimologicamente economia significa legge (regola) della casa, ovvero regola con cui si distribuivano, ripartivano o impiegavano i beni della casa: cibo, vestiti, ecc. Tale gestione in genere mirava a farli durare il più a lungo possibile grazie ad un oculato razionamento e ad una attenta cura. Ancora oggi si dice fare economia al posto di risparmiare.
Estendendo tale concetto, buona gestione dei beni significa allora impiegarli in modo tale che soddisfino nel modo migliore i bisogni per cui sono impiegati. Spesso nel linguaggio degli economisti il ripartire ed impiegare i beni viene detto allocare. Ne segue che economia = allocazione dei beni in modo tale che soddisfino nel modo migliore i bisogni per cui sono impiegati = buona gestione dei beni.
Un’azione o un’attività è detta efficace se raggiunge il suo scopo, ovvero gli obiettivi previsti. Quando un bene soddisfa pienamente una nostra necessità possiamo dunque dire che lo abbiamo usato in modo efficace. L’esperienza insegna che gli stessi obiettivi possono essere raggiunti con diversi metodi e che alcuni metodi sono migliori di altri. Migliori in che senso? Dipende caso per caso, a volte sono migliori perché impiegano meno tempo, meno energia, meno materia prima, meno personale. In altre parole i metodi “migliori” secondo un dato criterio “risparmiano” un qualche bene ritenuto importante. Confrontando quindi due metodi per raggiungere gli obiettivi, quello che fa risparmiare un bene, quindi “migliore”, si dice efficiente; in altri termini, l’efficienza indica il grado di risparmio di un metodo.
I beni per definizione soddisfano dei bisogni dell’essere umano quindi lo aiutano nella vita.
Quando soddisfano delle necessità legate alla sopravvivenza come mangiare, bere, dormire, proteggersi e crescere dei figli parleremo di beni vitali.
Quando delle necessità, dei bisogni ovvero dei desideri umani si trovano insoddisfatti ci si trova in una situazione di disagio. Tanto maggiore è tale disagio e tanto minore risulta essere la qualità della vita. Questo perché la qualità della vita indica il livello di soddisfazione ovvero di benessere (anche psicologico) che si ha durante un dato periodo della propria esistenza.
Se dunque in una situazione di abbondanza di beni non vi è altrettanto benessere vuol dire che i beni non sono impiegati bene o non sono quelli giusti.
Cosa vuol dire “beni e servizi”?
Le necessità umane generalmente sono soddisfatte tramite dei beni fatti di materia, che quindi si possono toccare, come cibo, acqua, vestiti, ecc., detti beni materiali (oppure beni tangibili) ma a questi si affiancano anche beni immateriali (o intangibili) come le invenzioni, le conoscenze, la reputazione di una azienda ed anche attività come trasporto, lavorazione dei materiali, progettazione, e simili. Tali attività sono dei beni immateriali secondo la moderna definizione in quanto soddisfano delle necessità umane e non sono fatte di materia; esse vengono chiamate servizi in quanto un tempo si chiamavano beni solo quelli materiali e perché la parola servizi è più breve e facile da pronunciare. Ancora oggi quindi si parla comunemente di beni intendendo solo beni materiali, in particolare è rimasta l’espressione “beni e servizi” per indicare ogni tipo di beni.
Per ricchezza si intende l’insieme dei beni a disposizione di qualcuno sia che si tratti di un individuo, di una comunità o di una nazione. Gestire i propri beni dunque equivale a dire gestire la propria ricchezza. Ma quali sono i beni da gestire? Da cosa è data la nostra ricchezza?
Per una buona gestione è opportuno conoscere quali sono le nostre esigenze, quindi quali beni abbiamo a disposizione per soddisfarle, la loro quantità e durata. Una stima della propria ricchezza è dunque fondamentale e non può prescindere da quella dei propri bisogni, che a loro volta possono variare da individuo a individuo. I criteri di valutazione della propria ricchezza allora devono essere personalizzati: per un amante della montagna, una baita sulle Dolomiti avrà un valore molto maggiore che per uno che sogna una villa al mare dove prendere il sole. Ne segue anche che quando si parla di gestione di beni, ovvero di economia, questa è sempre riferita alle esigenze di qualcuno. In linea di principio non esiste una economia che vada bene per tutti, al massimo per un gruppo di persone che hanno le stesse esigenze. Si noti allora che l’azione economica di un singolo o di un gruppo può risultatare antieconomica, quindi dannosa, per altri singoli o gruppi che interagiscano con esso.
Consideriamo ora un bene vitale come l’acqua ed immaginiamo di dover trascorrere quattro giorni nel deserto con otto bottiglie d’acqua. Solo dopo il quarto giorno, abbandonato il deserto, potremo avere altra acqua.
Otto bottiglie devono bastare per quattro giorni, quindi per evitare di passare dei giorni senza acqua verrà naturale suddividere la nostra scorta imponendoci di consumare solo due bottiglie al giorno. Se le bottiglie fossero solo quattro, seguendo la stessa logica, dovremmo stabilire solo una bottiglia al giorno; se fossero solo due, mezza bottiglia al giorno e così via.
Tale logica rispecchia un principio generale: tanto maggiore è la quantità del bene, quindi la sua abbondanza, tanto minore sarà la necessità di ripartirlo in piccole parti. Se poi le bottiglie fossero mille non sarebbe più necessario alcun razionamento poiché ovviamente escludiamo di poter consumare più di 250 bottiglie al giorno. In questo caso, in cui la quantità del bene supera le nostre capacità di consumarlo, si dice che il bene è sovrabbondante. Se la quantità invece è tale da lasciarci insoddisfatti (quindi ne vorremmo di più) il bene si dice scarso e ci si trova in una situazione di penuria.
È da notare che l’abbondanza o la scarsità di un bene dipendono dalle nostre necessità, che possono variare secondo il tempo ed il luogo: in estate avremo più sete (quindi un maggior bisogno di acqua) che di inverno; un agricoltore avrà necessità di più carburante per il suo trattore rispetto ad uno studente per il suo motorino; in altre parole abbondanza e scarsità sono concetti relativi al contesto in cui ci si trova.
L’importanza di un bene è detta valore, essa varia in base alla sua utilità e, più in generale, in base alla soddisfazione che uno si aspetta di riceverne. Le necessità variano da individuo ad individuo, di anno in anno, da regione a regione. Un bene è tale sempre rispetto ai bisogni di qualcuno ed il suo valore quindi è soggettivo, ovvero in genere varia da soggetto a soggetto. In base a tale principio non può esistere un bene con un suo valore intrinseco od oggettivo tuttavia vi sono casi in cui sembra che ciò avvenga: è facile che dei malati di gravità assai simile attribuiscano lo stesso valore alla medicina di cui hanno bisogno e tale valore appare per loro oggettivo. Tuttavia per un gruppo di persone sane tale medicina avrà un valore certamente molto inferiore. Si tratta però chiaramente di una apparenza poiché abbiamo appositamente scelto gruppi ristretti di soggetti omogenei e, quando diciamo tutti, intendiamo tutti gli appartenenti al gruppo e non tutti i soggetti possibili. Inoltre tale esempio ci mostra che il valore può cambiare anche per lo stesso soggetto: per una persona sana la medicina non avrà grande valore ma, qualora si dovesse ammalare, diventerà subito preziosa. Il valore di un bene quindi è qualcosa di molto variabile.
Ne deriva che è un grave errore quello di attribuire valore ad un bene a seconda del suo prezzo, cioè in base a quanto stabilito da qualcun altro eppure siamo tutti portati a farlo. Comparare i prezzi di beni analoghi è un modo per attenuare il problema, ma il corretto comportamento è quello di partire da una valutazione dei propri bisogni.
Spesso il termine risorsa è usato come sinonimo di bene. In altri casi invece per risorsa si intende un mezzo per produrre dei beni o averne accesso, un esempio può essere un campo coltivato che permette di produrre del grano oppure una miniera che permette di estrarre del carbone oppure il carbone stesso che permette di produrre altri beni come calore, energia, prodotti industriali. Anche in questo caso le risorse sono dei beni? Ovviamente sì (rientrano nella definizione), solo che si trovano in un rapporto particolare con gli atri beni che da esse si ricavano.
Tornando all’esempio delle bottiglie d’acqua nel deserto, la nostra scorta d’acqua può essere vista come una risorsa da cui attingere le bottiglie che consumiamo. A questo punto è importante notare alcune differenze fra il bene acqua come risorsa ed il bene acqua che placa la nostra sete. La nostra scorta d’acqua è un bene vitale che ci permette di sopravvivere nel deserto, senza di essa ci aspetta un periodo di sete estrema e poi la morte. Una singola bottiglia d’acqua invece, nel nostro esempio con 8 bottiglie, è un bene che ci permette di contenere la nostra sete e compensare la disidratazione per mezza giornata, senza di essa non moriremmo ma si abbasserebbe notevolmente la qualità della nostra vita in quella mezza giornata.
Immaginiamo ora scorte sempre più abbondanti: 16, 32, 64 bottiglie, all’aumentare dell’abbondanza avremo a disposizione ogni giorno 4, 8, 16 bottiglie ed ogni volta una singola bottiglia sarà per noi meno preziosa. Se infatti fossimo privati di una sola bottiglia il nostro disagio sarebbe sempre minore. Invece il valore della scorta, la nostra risorsa, rimane invariato, senza di essa ci aspettano sempre quattro giorni di sete estrema nel deserto. Anzi con l’aumentare della quantità, l’importanza della risorsa potrebbe anche aumentare: nei luoghi infatti dove l’acqua è sovrabbondante essa può essere impiegata per altri usi quali lavarsi, far funzionare gli impianti di riscaldamento, impianti di raffreddamento come i radiatori delle macchine, applicazioni industriali, impianti sportivi come le piscine, ecc.; l’utilità dell’acqua come risorsa quindi cresce e con essa il suo valore. Certo, se noi attribuiamo all’acqua un valore infinito in quanto indispensabile per la sopravvivenza dobbiamo riconoscere che aggiungere altri usi non può comportare un significativo aumento di valore, ma se consideriamo un bene non vitale come il petrolio dobbiamo riconoscere che la sua importanza è cresciuta con il moltiplicarsi delle sue applicazioni, tra cui fornire energia per le pompe che estraggono acqua per dissetarsi ed irrorare le coltivazioni, divenendo in questo modo un bene di vitale importanza per la società. Tutto questo non sarebbe accaduto se fosse stato una sostanza rarissima in natura, il suo valore come risorsa deriva anche dalla sua abbondanza. In questi casi allora è opportuno fare distinzione fra un semplice bene ed una risorsa: un bene è tutto ciò che soddisfa un nostro bisogno, una risorsa è un bene che soddisfa indirettamente i nostri bisogni fornendoci i beni necessari. Il valore di una risorsa rimane costante o cresce con la sua abbondanza, quello di una sua porzione (come la singola bottiglia d’acqua) invece diminuisce al crescere della risorsa.
La legna che bruciamo nel camino per riscaldarci viene consumata dal fuoco, trasformata in qualcosa che non serve più (come combustibile almeno) quindi deteriorata. Allo stesso modo noi consumiamo il cibo che mangiamo od il sapone con cui ci laviamo. Usandoli li trasformiamo in qualcosa di diverso che non può essere più impiegato allo stesso scopo. Altri beni, come una automobile, vengono utilizzati più volte senza perdere la loro funzione; tuttavia anche le auto sono soggette ad usura ed invecchiano a causa del loro utilizzo fino a diventare inservibili. La differenza è nel tempo che impiegano a consumarsi ma si tratta in fondo sempre di beni che consumiamo. Non si tratta però di una differenza da poco: se un bene si consuma immediatamente significa che dopo dovremo cercarne subito un altro o meglio ancora dovremo immagazzinare delle scorte, mentre se impiega degli anni tutto questo non sarà necessario e per lungo tempo useremo quel bene come se non si consumasse. Per questo motivo questi ultimi sono detti beni durevoli mentre i primi sono detti a consumo immediato.
Beni di lunghissima durata pari o superiore alla vita umana, come un ponte in cemento armato oppure una cattedrale, possono essere ragionevolmente considerati (come prima approssimazione) dal singolo individuo come beni che non si consumano ma questo non vale per la comunità che, si presume, ha una vita assai più lunga e dovrà farsi carico di opere di manutenzione o sostituire detti beni con altri nuovi.
Il ragionamento precedente si può ripetere a maggior ragione per le risorse naturali rinnovabili come l’acqua di una sorgente, il legname di una foresta e simili le quali, rinnovandosi appunto, hanno una durata che appare illimitata. Le risorse rinnovabili, essendo in grado di fornire beni per un tempo illimitato, dovrebbero essere valutate dalla comunità come beni di valore tendenzialmente infinito e quindi la loro perdita di infinita gravità. Tali risorse purtroppo rimangono inesauribili solo se si consumano i beni da esse prodotti ad una velocità inferiore a quella con cui li producono; in caso contrario le risorse vengono impoverite ed a volte distrutte in modo irreversibile, quindi se vogliamo “consumate” (come è accaduto per le foreste tropicali o le riserve ittiche). Le risorse naturali non hanno bisogno di opere di manutenzione ma oggi necessitano di protezione contro opere devastatrici che danneggiano l’umanità nel suo insieme ed in particolare le generazioni future. Da ricordare che le risorse naturali per definizione non sono un prodotto del lavoro umano e quindi una volta distrutte in genere non è possibile produrle di nuovo. Ne segue dunque che il loro consumo risulta un danno illimitato nel tempo.
Da quanto detto fino ad ora, per gestire in modo ottimale i propri beni è necessario conoscere le nostre esigenze, i beni a disposizione e quelli che lo potrebbero diventare.
Quali sono le nostre esigenze primarie? Quali i beni e le risorse a nostra disposizione? Quali i nostri valori da proteggere? Queste sono le domande che ciascuno di noi si deve porre poiché le esigenze e quindi le risposte alle suddette domande variano da individuo ad individuo.
Facciamo un esempio: Antonio è un cittadino italiano, lavora a Milano come impiegato, ha 28 anni e vive da solo.
Quali sono le esigenze primarie di Antonio? In quanto essere umano avrà come esigenze biologiche imprescindibili quelle di mangiare, bere e dormire. I beni con cui soddisfare le predette esigenze sono ovviamente cibo, acqua ed un rifugio dove riposare ed il tempo necessario per farlo.
Tali beni sono effettivamente disponibili? Cibo ed acqua se li procura regolarmente in un supermercato vicino la sua casa ereditata dai nonni. I beni sono dunque disponibili, tuttavia la situazione è più complicata di quanto possa sembrare a prima vista: per comperare cibo ed acqua Antonio deve avere i soldi necessari e questi se li procura con il suo lavoro. Anche se la casa è di proprietà ci sono dei costi condominiali, le bollette da pagare, quindi sono necessari altri soldi, altre ore di lavoro. Risulta allora che per mangiare, bere e dormire Antonio usa cibo, acqua, un supermercato, soldi, un lavoro, una casa. Per andare a lavoro però è necessario un mezzo di trasporto come la metropolitana per raggiungere il centro di Milano, per lavorare inoltre deve sfruttare le sue capacità professionali, e sperare di mantenersi in buona salute. Il supermercato inoltre non produce né cibo né acqua ma li compra a sua volta dai produttori usando una rete di trasporti per le varie merci. Il discorso potrebbe continuare considerando le necessità dei produttori (agricoltori ed allevatori) per poter andare avanti con il loro lavoro. Il risultato è che solo per bere Antonio usa non soltanto acqua ma bicchieri, bottiglie, il suo lavoro, la sua cultura professionale, la metropolitana, il supermercato ed i mezzi di trasporto che lo riforniscono, l’industria del vetro per i bicchieri, quella della plastica per le bottiglie, quella del petrolio per i carburanti, quella alimentare per nutrire tutti i lavoratori coinvolti.
In conclusione per mangiare, bere e dormire noi tutti inconsapevolmente utilizziamo una enorme varietà di beni, che provengono dalla società in cui viviamo, dal nostro lavoro e dalle risorse naturali. Il nostro benessere dunque è fortemente legato alla nostra comunità attraverso mille canali.
Questa catena di beni e servizi presenta dei punti deboli? Potrebbe interrompersi? Quali di questi beni siamo in grado di gestire? Per rispondere a queste domande è bene, come primo passo, fare un elenco, anche parziale, dei beni a disposizione.
Fare un inventario completo appare come una impresa proibitiva, come pure stabilire tutte le relazioni fra i vari beni.
Tuttavia un elenco parziale può essere sufficiente per poter impostare una gestione, iniziando con il separare i beni di consumo dalle rispettive risorse, dividendo i beni che possiamo gestire direttamente da quelli che sono fuori dal nostro controllo ed infine quelli che possiamo sostituire con facilità (come il supermercato) da quelli che invece è meglio proteggere (come il lavoro o le risorse naturali). Iniziamo un breve esempio partendo dalla necessità di bere.
Necessità |
Beni |
bere |
Acqua/bicchieri/supermercato/soldi/lavoro/salute/esperienza professionale/veicolo/comunità |
Acqua di rubinetto o in bottiglia: avendo i soldi è disponibile in quantità e quindi facilmente gestibile e sostituibile. Per gestione intendiamo che si può acquistare ed immagazzinare a piacere ma non abbiamo modo di influire sulla sua qualità se non cambiando marca quando possibile. |
|
Bicchieri: beni durevoli di supporto, non indispensabili per bere ma molto comodi, facili da sostituire. |
|
Il supermercato: a Milano ve ne sono vari ma diversi per prezzo, distanza, collegamento con i mezzi pubblici. Quindi quello solito si può sostituire ma con qualche disagio in più. Indubbiamente è una risorsa dalla quale si attinge l’acqua, i bicchieri e molti altri beni. |
|
Soldi: in base al tipo di lavoro possono essere abbondanti, sufficienti o scarsi. La difficoltà di gestione dipende principalmente dall’abbondanza. Essi concedono l’accesso ad una vasta gamma di risorse. |
|
Il lavoro: spesso è assai difficile da cambiare e questo lo rende particolarmente prezioso. La sua abbondanza e facilità di gestione dipende dal tipo di lavoro e dall’andamento dell’economia della comunità. Si tratta di una risorsa fondamentale. |
|
Salute: ovviamente è un bene prezioso e non sostituibile in quanto non si può sostituire il corpo, bene da proteggere che in ogni caso si degrada con l’età. La salute dipende da molti fattori e spesso è difficile da gestire, la si può considerare una risorsa naturale che permette di soddisfare le esigenze fisiologiche del corpo e di svolgere le attività quotidiane fra cui il lavoro. |
|
Esperienza professionale: è un bene che si acquisisce con il tempo e la pratica lavorativa. Pertanto non è facile da sostituire ma la si gestisce cercando di incrementarla sempre più. |
|
Veicolo: esistono vari mezzi di trasporto a Milano ma spesso non sono equivalenti per efficienza, idoneità e costi, quindi non sempre sono disponibili o sostituibili. |
|
La comunità: in genere è assai difficile da cambiare ed un singolo individuo spesso non ha modo di influire sulla sua gestione. Si tratta di una risorsa fondamentale. |
|
Risorse naturali: difficili da sostituire e da gestire per un solo individuo. Sono le risorse per antonomasia. |
Possiamo ora notare che anche il sistema idrico della città è una risorsa da cui attingere acqua attraverso il rubinetto di casa. Alcuni beni inoltre assumono posizioni di particolare importanza nella rete che collega i vari beni fra loro: sono risorse come il supermercato, il lavoro, i soldi guadagnati con esso. Tuttavia queste risorse non potrebbero svolgere il loro ruolo senza le risorse naturali come le falde acquifere, la comunità o la salute. La rete di beni che ci circonda può essere quindi vista come una rete di canali che parte dalle risorse naturali per giungere fino a noi.
Concludendo, l’acqua del rubinetto o le singole bottiglie sono beni disponibili la cui gestione è alla nostra portata. Lo stesso possiamo dire dei bicchieri, dei mezzi di trasporto, dei soldi. La salute, il supermercato ed il lavoro sono meno facili da gestire ma in quanto risorse sono particolarmente importanti e vanno tutelati con attenzione speciale. Le risorse naturali poi, alla base di tutto, sono un bene spesso insostituibile, di vitale importanza e condiviso con tutti gli altri, quindi non devono essere gestiti individualmente bensì collettivamente.