Il mercato è il luogo dove avvengono gli scambi commerciali. Può essere un luogo fisico, come il mercato di frutta e verdura nella piazzetta dietro l’angolo di casa, oppure un luogo ideale: per esempio, volendo considerare insieme tutte le vendite di automobili in Italia, che avvengono in tanti posti diversi, si parlerà di mercato automobilistico italiano, che non è un luogo preciso: è tutta l’Italia vista come se fosse un unico mercato. Un bene che può essere comprato o venduto, quindi inserito in un mercato, è detto merce. Gli scambi commerciali sono dei rapporti economici di tipo collaborativo, in quanto offrono un mutuo vantaggio per le parti che effettuano lo scambio. Anche in questo caso, però, si inseriscono dei rapporti di tipo competitivo fra coloro che vendono lo stesso tipo di merce: questi infatti entrano in concorrenza fra loro, disputandosi i clienti. Anche i clienti possono entrare in concorrenza fra loro quando la merce è scarsa: ciò può realizzarsi arrivando al mercato prima degli altri oppure pagando per un bene più degli altri. Quest’ultimo fenomeno può causare un aumento del prezzo. Il prezzo è la quantità di denaro (o di merce nel caso del baratto) che è necessaria ad acquistare un bene. Possiamo trovare tuttavia anche una forma più insidiosa di concorrenza, che è quella fra venditore e compratore. Abbiamo detto che lo scambio commerciale deve essere vantaggioso per entrambe le parti per svolgere bene la sua funzione. Entro questi limiti, però, tanto meno riesco a pagare e meglio è (se compro) oppure tanto più riesco a farmi pagare per la stessa merce e tanto più ho guadagnato (se vendo): si entra quindi in concorrenza sul guadagno che si può generare nello scambio. Nel baratto il fenomeno è meno evidente ma comunque presente: dovendo scambiare zucchero con riso ognuno dei due è interessato allo scambio tuttavia cercherà di dare il meno possibile all’altro per avere il massimo vantaggio. Ecco che nel commercio vi è una componente di collaborazione e una di concorrenza difficilmente separabili. Tale comportamento può degenerare in un vero e proprio atto predatorio nel momento in cui, imbrogliando, una delle parti riesce ad annullare il guadagno per l’altra e magari, andando anche oltre, danneggiandola seriamente. Un classico esempio è quando si vende un prodotto apparentemente integro ma non funzionante o addirittura falso senza che l’altra parte ne sia a conoscenza.