Nel titolo di questo libro l’importante messaggio che il modello del governo del futuro dovrà necessariamente essere diverso da quello attuale.
Si esprime la necessità di una nuova struttura per garantire un assetto veramente democratico e a questo fine si esaminano i quattro modelli conosciuti: il liberalismo classico, il socialismo di stato, il capitalismo di stato e il socialismo libertario. L’autore prende in esame tali modelli soppesandone pregi e difetti, confrontandoli e contrapponendoli, fino a concludere che solo in un clima di autentica libertà democratica si può ambire alla possibilità di esaltare le facoltà creative e intellettuali dell’uomo. Si sottolinea come oggi ci si trovi in un momento storico in cui si hanno a disposizione le risorse tecniche ed energetiche per soddisfare i bisogni materiali dell’uomo, ma non si è giunti ancora a perfezionare quelle morali e culturali che portino a quelle necessarie forme democratiche dell’organizzazione sociale che ci permetterebbero di utilizzare in modo razionale ed equilibrato la nostra ricchezza e potenza materiale.
Per realizzare tale nuovo modello non c’è bisogno di ideali utopici sospesi fra le nuvole come quelli richiamati provocatoriamente sulla copertina, ma di progetti seri che, partendo dalla conoscenza dei limiti e delle possibilità della natura umana che le moderne conoscenze scientifiche permettono, nonché dall’esame della storia e dei fallimenti largamente sperimentati ad ogni latitudine, portino a un nuovo movimento radicato in ampi strati della popolazione e che miri ad eliminare le attuali istituzioni repressive ed autoritarie, private o statali che siano, per sostituirle con un nuovo paradigma sociale, politico ed economico.
Creare un movimento di questo tipo è la sfida che dobbiamo cogliere se vogliamo sfuggire alla barbarie moderna, ma per crearlo c’è bisogno sia di una approfondita cultura condivisa, sia di un affidabile sistema di informazione diffusa. Per raggiungere questo articolato obiettivo è necessario un approccio multidisciplinare che porti ad una nuova forma di organizzazione sociale che risulti ispirata a principi di vera coesione, efficacia ed efficienza.
Il guanto della sfida è stato lanciato, chi intende raccoglierlo?
RSS feed for comments on this post.
Magritte e il suo Château des Pyrénées su Chomsky rappresenta una sfida?
Rappresenta una grande sfida anche nel Villaggio di Ofelon:
Il castello non è una casa, ma è una città, è comunità che vince la solitudine.
Il castello è saldamente costruito sulla roccia, ma la roccia è sospesa nell’aria: nel nostro mondo sono venute meno le terre sicure su cui poggiare stabilmente e immutabilmente.
Il cielo è la nuova condizione esistenziale, individuale e sociale, incertezza e trasparenza, sospensione e vuoto. Con tutto questo si deve imparare a convivere, a dialogare, munendosi di un pensiero diverso, meno preoccupato e ossessionato dall’esigenza della verità e più proteso ad elaborare una ragione argomentativa e dialogante, opinabile e solo probabile. Non disperarsi quindi davanti all’incertezza, ma imparare a navigarvi, attrezzandosi finalmente di un’altra ragione/pensiero.
Arriviamo al mare sottostante: fluido, in movimento, cangiante e caratterizzato dall’acqua. L’acqua è l’elemento che, pur rimanendo sempre se stessa, si curva, si piega, assume qualunque forma, si adatta a tutto e così supera qualsiasi ostacolo, scava la roccia, può rovesciare montagne e colline: è la forza della flessibilità, dell’adattabilità, della penetrabilità, rappresenta la capacità di aprirsi al mondo senza perdersi, d’incontrarsi e di comprendersi, di vivere ciascuno l’altro senza fondersi, d’incontrarsi senza annullarsi.
Non ti sembra abbastanza come sfida?
Come no? Sfida accettata! A proposito, perché non mi vieni a trovare al Louvre che c’è qualcosina da interpretare… 😉
Quando Montesquieu ha parlato della separazione dei poteri si andava in carrozza e la schiavitu’ era la norma. Ora andiamo nello spazio, la schiavitu’ e’ un reato (almeno sulla carta) eppure continuiamo a separare i poteri in un modo non molto diverso da quanto da lui teorizzato nonostante tre secoli di fallimento di tale metodo: non sarebbe ora di ripensare in toto la struttura socio-economico-politica?
Nei centri di ricerca, in alcune universita’, il pensiero si crea; il problema e’ che tale pensiero rimane li’ e soprattutto che il popolo, la classe che piu’ dovrebbe essere interessata ai cambiamenti a suo favore, li osteggia preferendogli l’immobilita’ sia per ignoranza e incapacita’ a comprendere il nuovo sia perche’ impregnato di dogmi fin dall’infanzia, per colpa della scuola, della religione e della societa’. C’e’ da lavorare tanto… ma per fortuna non guardo televisione 😉