Quando le pressioni della vita moderna diventano troppo forti, il tormentato abitante delle metropoli definisce con rassegnazione il suo brulicante mondo come una “giungla di cemento”. È una maniera sicuramente pittoresca di descrivere il modo di vivere di una fitta comunità urbana, ma è anche estremamente inesatta: nel loro habitat naturale gli animali selvaggi non si mutilano, non aggrediscono la prole, non soffrono di ulcera allo stomaco, non hanno turbe sessuali, non soffrono di obesità e non uccidono i propri simili. In condizioni normali non avviene tutto ciò che invece succede tra gli umani che vivono in città; ciò può sembrare la prova di una differenza di fondo tra gli umani e le altre specie animali, ma è una conclusione ingannevole. A ben guardare, infatti, anche gli altri animali soffrono delle nevrosi e delle malattie tipiche dell’uomo moderno, ma in certe precise circostanze cioè quando sono costretti in cattività quindi in condizioni innaturali. L’animale in gabbia allo zoo presenta tutte le problematiche proprie degli umani: ciò ci deve far riflettere su come le nostre città non siano delle “giungle di cemento” bensì dei veri e propri “zoo umani” mentre noi, i segregati dello zoo umano, abbiamo per giunta delle aggravanti: ci autorecludiamo eppure spesso ci consideriamo liberi; abbiamo la possibilità di migliorare la gabbia invece la peggioriamo o la devastiamo; siamo la causa dei nostri problemi, siamo ognuno il carceriere dell’altro tuttavia non ce ne rendiamo conto. È possibile allora sfuggire a questa spirale negativa? Con il nostro numero è cresciuto anche il nostro grado di specializzazione e la nostra dipendenza dalla comunità; i cittadini di oggi non sarebbero in grado di sopravvivere se posti improvvisamente in una foresta e se anche qualcuno insegnasse loro come fare sarebbero in troppi, inoltre non esistono tante foreste da ospitarli tutti; non si può dunque assolutamente tornare indietro aspirando ad un passato tuttaltro che perfetto, bisogna invece andare avanti sfruttando al meglio le nostre risorse, compresa la collaborazione in una grande comunità. Considerando che il mondo cambia sempre più velocemente, per risolvere i problemi del futuro, inclusi quelli relativi all’evoluzione culturale, abbiamo sempre meno tempo; ne segue che l’unica speranza di salvezza consiste in un rapido adattamento culturale a tali cambiamenti sia da parte dei singoli, sia delle comunità. Impariamo a fare un primo passo in questa direzione leggendo questo libro.
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Illuminante per capire una cosa banale: tutti i nostri problemi sono dovuti ai nostri limiti di esseri umani in un ambiente che non è più quello per cui siamo stati selezionati dalla natura. Da questa tanto semplice quanto geniale osservazione si può cominciare a cambiare la propria vita gestendo gli eventi invece che subirli.